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Pensieri in Libertà

GDPR: una regola assurda dall'Europa

Che l’Ue sia un’aggregazione economico-burocratica fatta di banche e tecnocrati e non un’istituzione popolare l’hanno capito tutti. Nonostante ogni cinque anni venga eletto un Parlamento europeo, che conta poco-niente, l’Ue ha poco di democratico visto che le decisioni vengono prese dalla Banca Centrale Europea e dalla Commissione, che non sono elettive.

Una delle principali attività dell’Ue è emanare regole che vengono recepite dagli stati: una rete di prescrizioni burocratiche l’ultima delle quali è il GDPR, che riguarda la privacy.

Se nella storia c’è stato un periodo in cui la privacy non esiste praticamente più è quello che stiamo vivendo: telecamere ovunque vedono i nostri movimenti; il Telepass registra dove vai in autostrada o dove parcheggi; carte di credito e bancomat tracciano le tue spese, dove-come-quando; nei conti correnti lo stato può ficcare il naso quando vuole; gli smartphone lasciano nelle celle telefoniche la traccia di tutti i tuoi movimenti e tutti messaggi possono essere letti da qualcuno; le applicazioni informatiche con localizzazione comunicano ai gestori dove sei stato, in che albergo, in che ristorante, in che bar ecc.; servizi informatici vari mappano tutti i tuo acquisti, i tuoi gusti, la tua capacità di spesa.

A fronte di tutto questo vogliono far vedere che sono preoccupati della privacy. Così è entrata in vigore il GDPR (Regolamento Generale per la Protezione Dati), complicato al punto che pochi sono quelli che ci hanno capito qualcosa. Un’altra espressione di quella mentalità burocratica che anziché favorire il lavoro lo rende sempre più difficile. Prendiamo chi fa il medico, oppure altri professionisti come gli avvocati o i commercialisti: il segreto professionale c’è sempre stato.

I rispettivi Ordini e la legge sanzionano pesantemente chi non lo osserva. E nell’ambito del segreto professionale rientra anche il trattamento dei dati dei pazienti del medico o dei clienti dell’avvocato o del commercialista. Che bisogno c’era allora di tutte queste nuove e inutili regole? Come al solito per rendere sempre più difficile la vita a chi lavora onestamente. Perché, tanto, quelli che dei dati ne fanno un commercio, del GDPR se ne fanno un baffo.

Paolo Danieli