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“Hammamet” è il perdono per aver dimenticato Craxi

Nel ventesimo anniversario della morte di Bettino Craxi, il film Hammamet ha restituito all’Italia la figura di uno dei più importanti uomini politici della “Prima Repubblica”, pesantemente vituperata sulla base delle inchieste di Tangentopoli.

Lontanissimo dalla narrazione demonizzante che si fa di Giulio Andreotti nel film Il Divo, Hammamet consegna allo spettatore un personaggio umanissimo, composto di una miriade di difetti ma perfettamente cosciente della sconfitta personale e politica. Affetto da vittimismo, una certa sorta di misantropia e la superbia che ha caratterizzato tutta la sua attività di Governo, il Craxi di Hammamet è in trappola come Napoleone a Sant’Elena, perfettamente cosciente che quanto da lui creato sarà smantellato in nome della Ragione di Stato e questo lo rende un’effettiva vittima di un sistema più grande di lui.

Pierfrancesco Favino ha confezionato in questo caso un’interpretazione di livello superiore, non solo grazie al trucco di Andrea Leanza: i tic, l’inflessione milanese e lo sguardo che, dietro la protezione dei tipici occhiali del leader socialista, sembra psicanalizzare in profondità quelli che gli sono di fronte. Questi aspetti rendono giustizia, ma soprattutto umanità, a una figura che altrimenti sarebbe passata per il male assoluto della politica italiana.

Magistrale anche l’interpretazione che Livia Rossi fa di Stefania Craxi, ribattezzata Anita nel film per nascondere la reale identità del personaggio. Una figlia che, impegnata esclusivamente nelle cure e nella difesa del padre, capisce l’importanza di mantenere viva l’eredità dell’attività politica di Craxi, mostrandosi fiera e battagliera e rifiutando qualsiasi compromesso che ammetta le responsabilità esclusive dell’ex Premier. Una difesa strenua, appassionata, umana.

Eletto per la prima volta nel 1968, Bettino Craxi è stata una delle principali figure degli anni centrali e finali della “Prima Repubblica“, oltre a essere stato il primo esponente del Partito Socialista Italiano a rivestire la carica di Presidente del Consiglio. Divenuto segretario del PSI nel 1976, Craxi – anche grazie alle sue abilità retoriche e un progressivo indebolimento dei due principali partiti italiani, ovvero la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano – riuscì a portare il suo partito a essere una componente stabile del Governo, entrando a far parte di quella maggioranza con la DC, con il PLI, il PRI e il PSDI che divenne poi nota come Pentapartito.

Incaricato da Sandro Pertini come Presidente del Consiglio, il primo Governo Craxi fu il terzo della storia repubblicana per longevità, essendosi insediato il 4 agosto 1983 per presentare le dimissioni il 27 giugno 1986. Il 1° agosto 1986 Craxi diede vita al suo secondo governo che però non ebbe altrettanta fortuna, cadendo dopo pochi mesi il 3 marzo 1987. Politicamente, la sua figura è stata sia elogiata che contestata: da un lato si fa riferimento a lui come una figura importante per la modernizzazione dell’Italia, dato anche il suo laicismo, così come per la gestione della Crisi di Sigonella, ancora oggi ritenuta una risposta importante in tema di sovranità nazionale nei confronti degli americani; dall’altro si evidenzia come il debito pubblico sia raddoppiato nei suoi quattro anni di Governo, arrivando a toccare anche quota 92% nel rapporto debito-PIL.

Lungi però dal dare un’analisi politica ed economica della figura di Craxi, Gianni Amelio e Alberto Taraglio hanno restituito umanità alla famiglia dell’ex-premier, hanno chiesto perdono per i vent’anni di odio che i media italiani hanno riversato sulla Democrazia Cristiana e sul Partito Socialista Italiano, concentrandosi in particolare sulla figura del leader socialista. Un amorevole gesto distensivo tra l’opinione pubblica e un personaggio politico che, nel bene e nel male, ha cambiato radicalmente la storia d’Italia.

Riccardo Ficara Pigini