La vita prima della pandemia Covid-19 sembra un ricordo lontano e sbiadito. Ci siamo ritrovati catapultati in un universo distopico, assediati da un virus che ha sconvolto le nostre vite e rivoluzionato le nostre abitudini. La pandemia si è insinuata anche nella nostra psiche, creando in noi ansie, paure ed interrogativi che non trovano ancora una risposta. Come sarà ripartire? L’isolamento sociale porterà al trionfo assoluto della vita online o ad una rivalutazione del mondo offline?
La tecnologia è stata nostra fedele compagna ed alleata durante il lockdown e, alla luce dell’ultimo Dpcm, continuerà ad esserlo. Già prima di essere messi in stand-by, si avvertiva la massiccia presenza della tecnologia nelle nostre attività quotidiane e si temeva l’avvento di una generazione “technology-addicted”. La pandemia ha portato ad una convivenza simbiotica con i nostri supporti digitali. Smart working, DaD, videochiamate per restare più vicini ai nostri cari, attività di intrattenimento e fruizione dell’informazione hanno tutti un comune denominatore: l’utilizzo della tecnologia. Il web in particolar modo, ci ha dato la possibilità di evadere dalle nostre mura domestiche che sono state un vero limite, per molti una prigione, una barriera invalicabile. La nostra vita era fisicamente congelata ma continuava in questo mondo astratto, come se avessimo creato delle estensioni virtuali di noi stessi. Un sondaggio condotto da Izi in collaborazione con Comin&Partners ha mostrato come “l’80% di chi lavora in smart working promuove questa modalità, il 37% sarebbe disposto a rinunciare a parte del proprio stipendio per continuare dopo l’emergenza e il 57% accetterebbe una formula di lavoro agile parziale” (A.Lelio e G.Comin. #Zonarossa, Il Covid-19 tra infodemia e comunicazione, 2020). Che sia questa l’impennata verso la supremazia della società liquida?
È certamente uno scenario che spaventa, quello della totale dipendenza e attaccamento morboso alla tecnologia. Non a caso, uno dei leitmotiv della quarantena è stato “rimaniamo distanti oggi per abbracciarci più forte domani” citando le parole del premier Conte.
L’utilizzo perentorio dei nostri device ci ha portato a desiderare ardentemente la vita offline: abbiamo sentito molte volte la necessità di staccare gli occhi dagli schermi e fare una passeggiata o una chiacchierata a quattr’occhi. Azioni che prima davamo per scontato, anzi spesso pesavamo più a condividere che vivere, o scrollare il feed di Instagram mentre prendevamo un caffè con gli amici o interessarci alle stories più che alla situazione che stavamo vivendo. Abbiamo vissuto la quarantena un po’ con l’amaro in bocca, avendo qualche rimorso su come vivevamo prima, quando potersi abbracciare era considerato normale, mentre adesso sembra quasi un miraggio. Suona quasi come un contrappasso dantesco per una società che viveva ormai tanto dentro uno schermo, snobbando quasi la vita reale. Ci ricorderemo di tutto questo quando usciremo da questo girone dell’inferno? O torneremo al “posto ergo sum”?
È un interrogativo che resta aperto, la vera risposta arriverà quando il Covid-19 sarà un ricordo lontano e riprenderemo in mano le nostre vite. Da un lato la paura che il confine tra online e offline si faccia sempre più labile ed indistinguibile, dall’altro la speranza di riscoprire il piacere di vivere con meno filtri e intrusioni tecnologiche. L’unica certezza è che la guerra contro il virus ci ha cambiati, ha lasciato un segno indelebile in ognuno di noi ma le conseguenze le vedremo solo nel lungo periodo, quando qualsiasi ferita sarà risanata.
Antonella Resina