Chiedete al primo che incontrate per strada se è giusto chiamare mamma e papà “genitore 1” e “genitore 2”. Ce ne sarà forse uno su centomila che è d’accordo. Gli altri sono per quello che da che mondo è mondo s’è sempre scritto: madre e padre. Invece il ministro degli Interni di Conte, Luciana Lamorgese, ha ripristinato l’obbligo di utilizzare l’oscena dizione “genitore 1” e “genitore 2” nei documenti ufficiali. Questa aberrante sottomissione alla logica del “politicamente corretto” era già stata inventata dal governo Renzi. Poi, giustamente, Salvini l’aveva abolita e aveva ripristinato la normalità: i genitori si chiamano “madre” e “padre”. Ma Conte ed il suo ministro degli Interni, invece di occuparsi di controllare il rispetto delle norme anti-covid e di rimuovere quei prefetti che non sono capaci di farlo, hanno il tempo di lustrare le scarpe al Pensiero Unico. Scrivere “madre” e “padre” sarebbe discriminante nei confronti delle cosiddette “coppie arcobaleno”. Il Pensiero Uniconon vuole, esige la dizione “politicamente corretta” di “genitore 1” e “genitore 2”. Non fosse mai che qualcuno pensasse che per fare un figlio ci vuole un uomo e una donna! Sarebbe una discriminazione nei confronti delle coppie omosessuali. Oggi chi vuole, basta avere un po’ di soldi, può fare un figlio anche senza partner o con uno dello stesso sesso. Basta pagare. Basta trovare un utero in affitto, o andare in qualche banca del seme. Che sarà mai! In fin dei conti è un “diritto umano” anche quello di avere un figlio: il diritto alla “genitorialità”. E il diritto del figlio di avere una madre e un padre dove lo mettiamo? Con una piccola differenza: che quello alla “genitorialità” l’ha stabilito il Pensiero Unico. Quello ad avere un papà e una mamma l’ha stabilito la natura o, se si preferisce, Dio.
Se fino c’erano mille motivi per mandare a casa Conte e andare ad elezioni subito per ripristinare non solo la democrazia, ma la normalità, adesso ne abbiamo uno in più.