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Editoriali

Draghi al Governo: una grande occasione ma anche un forte rischio di eurocrazia

Nella serata di ieri, dopo il fallimento delle trattative guidate da Roberto Fico per ricostruire la maggioranza che aveva sostenuto il Conte Bis, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha indicato come strada da seguire prima di sciogliere le camere quella di procedere alla formazione di un Governo “di alto profilo”.

Come nome ipotizzato dal Presidente c’è quello di Mario Draghi, ex-Presidente della BCE, che nella giornata di oggi salirà al Quirinale per accettare l’eventuale incarico di formare una maggioranza. Maggioranza che non dovrebbe essere semplicissima da trovare, al netto delle molte dichiarazioni arrivate già in serata.

Il Movimento 5 Stelle, per voce di Luigi Gallo – uno dei più vicini a Fico – si è già posto dichiaratamente all’opposizione di un qualsivoglia Governo tecnico, mentre Fratelli d’Italia, per bocca della stessa Giorgia Meloni, ha espresso la volontà di restare all’opposizione, pur volendo fare “comunque il bene del Paese”. Una possibile apertura a un “sostegno” sui singoli provvedimenti.

La Lega è rimasta un po’ “sibillina” sul tema, anche se Francesca Donato – europarlamentare del Carroccio – ha dichiarato che Draghi in passato ha dimostrato di avere autorevolezza e competenza, anche nelle sedi europee che sono quelle più cruciali in questi mesi. Dai tavoli di Bruxelles, infatti, passeranno tutti i piani di spesa del Recovery Fund e solo un governo che abbia il favore della BCE potrà ottenere condizioni vantaggiose.

Forza Italia, che pur essendo in risalita nei sondaggi è oggi la terza gamba del Centrodestra, ha messo sul tavolo la concreta possibilità di sostenere Mario Draghi, essendo accreditato come un nome vicino a Silvio Berlusconi, che lo avviò alla Presidenza della BCE. Un appoggio importante quello degli azzurri, visto che la loro è la terza delegazione più numerosa al Senato, ovvero la camera dove è nata la crisi di Governo.

Italia Viva e Cambiamo hanno già ufficializzato il loro sostegno parlamentare a Draghi, costituendo la base della maggioranza che sosterrà – eventualmente – i tecnici intorno a Draghi. Il Partito Democratico, tramite l’onorevole Ceccanti e il segretario Nicola Zingaretti ha fatto capire abbastanza chiaramente di essere pronto a un “confronto” per il bene del Paese.

Se quindi Renzi, il PD e Forza Italia decidessero di dare il loro sostegno a Draghi, basterebbe che uno solo dei due partiti del centrodestra entrasse in questa maggioranza parlamentare per garantire la formazione del nuovo Governo Tecnico, dieci anni dopo l’insediamento di Mario Monti. Alla Camera le “larghissime intese” tra Renzi, PD, FI e Lega porterebbero Draghi e i suoi a quota 343, mentre al Senato si attesterebbero a 168, con la possibilità però di recuperare svariati “responsabili” dal gruppo misto o dal gruppo degli Europeisti che si era formato per sostenere Conte.

Qualora si arrivi a formarsi la maggioranza che Mattarella si auspica per il Governo “di alto profilo”, saranno inevitabilmente diversi i giudizi politici e le riflessioni annesse che la scena politica italiana dovrà fare. Innanzitutto, bisognerà chiedersi quale dovrà essere la Stella Polare di questo Governo: sarà una fedeltà incrollabile nelle istituzioni europee senza minimamente avviare un minimo braccio di ferro anche sulla questione MES e le relative condizionalità? Oppure un’occasione per mettere in rete tutte le migliori energie del Paese per scrivere un Recovery plan che tenga conto della maggior parte delle esigenze trasmesse alla politica?

Il Nodo di Gordio, in fin dei conti, è tutto qui: un Governo Conte III o un Governo Fico avrebbero continuato a dare voce alla maggioranza politica che aveva trovato nell’antisalvinismo il suo unico punto d’intesa, ma che non ha saputo aprire il tavolo anche alle opposizioni per discutere dell’assegnazione di cospicui fondi che saranno fondamentali per far ripartire il Paese dopo la pandemia. Inoltre, nessuna delle opzioni poste da Mattarella avrebbe permesso al centrodestra di avere una voce in capitolo, pur essendo espressamente la prima forza politica del paese e al Governo di 14 regioni, che proprio nella pandemia hanno dimostrato di saper amministrare il territorio talvolta meglio della “regia unica” del Governo nazionale.

Ecco allora che un Governo tecnico diventa, per Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia soprattutto, una “croce e delizia“: Croce perché è evidente che questa soluzione rinvii ancora la possibilità di andare al voto e vincere senza partita le elezioni politiche; Delizia perché permetterebbe alla squadra che aveva vinto le politiche del 2018 di esprimersi in modo compiuto e puntuale sulla più grande emergenza sanitaria, sociale ed economica dalla Repubblica italiana; Croce perché comporterà un necessario dialogo con quelle forze europeiste arrivando con fatica a una sintesi gradita alla base elettorale; Delizia perché darà la possibilità di destinare quei fondi europei a sostegno delle attività produttive e al Made In Italy, elementi fondamentali dei programmi elettorali del centrodestra.

Sarebbe poi un controsenso lamentarsi dei giallorossi, che in questi mesi nulla hanno fatto su infrastrutture, giustizia, rilancio delle attività economiche, riforma della spesa pubblica, sanità, scuola eccetera e poi rifiutare l’occasione di portare – stavolta veramente – un cambiamento concreto alla gestione di questi settori così importanti per il sistema Paese. D’altro canto, però, le proposte dovrebbero comunque essere frutto di una mediazione con Renzi e il PD, portando de facto a un governo “rossoblu”.

Molti, probabilmente, opterebbero per un’opposizione all’ennesimo governo nato per giochi di palazzo e non per volere dei cittadini, trovando anche una certa logica e coerenza con quanto dichiarato finora; l’alternativa al momento, però, è trovarsi ancora i tanti personaggi del “contismo” che hanno fatto ribollire il sangue dei cittadini e degli elettori di centrodestra. Il rischio di entrare in un circuito chiuso di eurocrazia c’è, va valutato se sia superiore o inferiore alle opportunità che, accedendo a un governo retto da una persona come Mario Draghi, possono presentarsi.