Sicuri che la questione non vi stia sfuggendo di mano? Andrebbe chiesto ai paladini dell’ortodossia Lgbt, visto il trattamento che oggi tocca a chi, semplicemente, ha un altro pensiero, come l’inglese Kathleen Stock. Il che è abbastanza paradossale. Classe 1972, la signora incarna infatti appieno il progressismo: donna in carriera (insegna filosofia all’Università del Sussex), impegnata (è femminista), appartenente alle minoranze sessuali (è lesbica). Insomma, una da citare agli apericena per apparire informati, trendy, alieni da scorie oscurantiste. In teoria.
In pratica, invece, la Stock è un’eretica. Contro di lei son state organizzate proteste, marce con torce e passamontagna, stile Ku Klux Klan. Le sono piovute addosso critiche dai colleghi, richieste di licenziamento, minacce, on line e non solo. La faccenda è talmente seria che, a difesa della docente, si è mosso il governo di Londra. La polizia l’ha perfino dotata d’una «linea rossa» telefonica per chiamare gli agenti, attivando cose che siamo soliti immaginare per chi sia nel mirino della camorra se non dell’Isis. Invece la faccenda, narrata pure dal pacatissimo Corriere della Sera, qui è diversa. Tristemente diversa.
Kathleen Stock – a dispetto dell’impeccabile pedigree radical chic – ha un’altra colpa: pensa, udite udite, che il sesso esista. Che si sia maschi o femmine. Che l’identità biologica prevalga su quella di genere. Che ai trans che s’identificano come donne non debba essere consentito l’accesso a spazi femminili quali prigioni, rifugi o spogliatoi. Per questo, e solo per questo, da qualche anno l’accademica sta vivendo un inferno, dichiarata colpevole di «transfobia», il nuovo reato della cultura dominante; quella contro l’odio e contro la paura, almeno a parole. Poi i fatti son questi. Si torna così al quesito d’apertura: sicuri, cari tolleranti, che la questione non vi stia sfuggendo di mano?