Home » Adriano Celentano, il “fantasismo” della via Gluck
Cultura Editoriali

Adriano Celentano, il “fantasismo” della via Gluck

Come è tramontata la definizione di “soubrette”, così è sparita quella di “fantasista”. Chi era costui? Un soggetto, in genere di sesso maschile, in grado di inventarsi creazioni artistiche; il termine si era esteso al mondo del calcio, indicando appunto un football player di estro imprevedibile, che giocava a tutto campo. Così ci è sempre piaciuto “inquadrare” l’apparente spirito libero, di difficile classificazione, “molleggiato”, sua prima definizione quando, affacciatosi al successo, imitava Jerry Lewis e si scatenava in quelle espressioni e movenze che faranno la gioia degli imitatori.

Nato a Milano da genitori pugliesi, il cognome, secondo l’eminente glottologo Emidio De Felice significherebbe “originario del Cilento”, siamo dunque nel sud totale. Sappiamo però che gli italiani sono frutto di incroci variegati, forse per questo il nostro appare di conformazione fisica eccentrica rispetto al medio italicus, quasi un uomo di colore impallidito nei secoli. Lui riusciva dove altri non arrivavano, a far dimenticare (non che si dovesse, ma quella era l’Italia) le sue radici meridionali: molti lombardi non lo consideravano un “terrone”, era uno di loro e basta, come Enzo Jannacci.

Le propaggini milanesi, come allora quella via Gluck ormai archetipo, devono essere stimolanti per l’arte e la performance, e Adriano ne è una fioritura al massimo grado. Per una serie di combinazioni che i racconti non spiegano mai davvero, e ispirato da qualche parente che suonava, dopo un apprendistato da orologiaio, egli si ritrova ventunenne, nel 1959, a vincere il festival di Ancona, con “Il tuo bacio è come un rock”, pezzo che ha stregato illustri critici musicali come Mario Luzzatto Fegiz – ricordiamo ancora che, al tempo, i festival erano rampe di lancio come gli attuali talent e anche di più; nel 1961 è a Sanremo in coppia con un giovanissimo Little Tony, presentando “24.000 baci”, un’altra hit che arriva seconda sul palco (dove Adriano scandalizza girando le spalle al sussiegoso pubblico), ma sbancherà le classifiche. Little si dedicherà più precipuamente al culto del rock e di Elvis, in concorrenza con Bobby Solo, mentre Celentano esplorerà altri territori – nel frattempo il reuccio Claudio Villa si rodeva il fegato e lottava per non cedere lo scettro alla new age.

Ripercorrere pedissequamente una tale strabiliante carriera sarebbe oltremodo complicato, andiamo perciò a periodi, come per Picasso. E non dimentichiamo mai che, tolto il mercato angloamericano, che ha escluso dall’empireo, con le brutte, chi non nasceva di lingua madre inglese, è esistito un “resto del mondo” dove diversi italiani hanno spopolato. Adriano, per esempio, è stato un mito per alcune generazioni russe.

Dopo la prima fase da cosiddetto urlatore, categoria dove viene inserita anche la prima Mina, si passa all’impegno pseudocatechista, in cui subentra la mogliettina Claudia Mori, di sei anni più giovane. La ragazza fino ad allora aveva fatto alcune parti in film più o meno di successo: un bel faccino su un fisico un po’ atticciato, tanto bastò a conquistare il cantante, che mollò la fidanzata giovanile, la collega Milena Cantù, e sposò Claudia incinta (venuto meno al preteso impegno di casto celibato): nasceranno uno dopo l’altro Rosita (1965), Giacomo (1966) e Rosalinda (1968). Subito dopo i due si accoppiano anche in arte, con risultati che oggi fanno un po’ sorridere sul piano artistico, ma scaturiti da abili piani del management.

Ascoltammo dunque “La coppia più bella del mondo”, inno al matrimonio indissolubile (la legge sul divorzio era alle porte), e “Chi non lavora non fa l’amore” (scherzosa invettiva contro l’autunno caldo di scioperi selvaggi), primo posto a Sanremo 1970, esibizione venduta con un tocco coristico vagamente hippy, secondo moda. La signora Celentano stupirà tutti incidendo, questa volta da sola, “Buonasera dottore“, conturbante telefonata sexy di una donna all’amante sposato (alla faccia della morale cattolica ostentata).

La Mori non aveva rotto solo il fidanzamento di Adriano con la Cantù, ma anche il famoso “Clan”, ghenga a metà tra Rat Pack di Sinatra e Menphis Maphia di Elvis, gruppo artistico/amical/sentimentale creatosi attorno alla star, che comprendeva anche il suo nipote e collaboratore, il musicista Gino Santercole. Il simpatico e talentuoso quasi coetaneo del celebre zio fu allontanato, stando ai rumours, quando divorziò da Anna, sorella di Claudia, e avrebbe subito la “scomunica” del famoso e devoto parente, con cui si riappacificherà diversi anni dopo (Gino è scomparso nel 2018).

Speravamo di esserci liberati dal micidiale duetto coniugale ma la consorte, uscita dalla porta come partner canterina del marito, si ricorda di essere stata attrice e lo affianca in diverse pellicole, a nostro avviso imbarazzanti.

La prima è Yuppy Du, del 1975, per la quale viene scomodata una diva inglese del momento, la trasgressiva Charlotte Rampling; seguiranno commedie in costume, che vedranno Adriano recitare anche in un improbabile romanesco; tutto culminerà nel semikolossal “Joan Lui – ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì”, del 1985, inzeppato della scombiccherata ideologia celentaniana, che preme sempre più il piede sull’acceleratore dell’ambientalismo.

In parallelo, per fortuna degli spettatori che amano svagarsi, Adriano si dedica alla commedia all’italiana, rivisitata con l’apporto di nuove aspiranti stelle (per esempio, la sfortunata Lilli Carati) e nuove dive come Ornella Muti: sodalizio che qualcuno vorrebbe essersi allargato alla vita privata.

Come tutte le unioni, anche quella dei Celentano avrà pur conosciuto momenti di fiacca; qualche gossip malandrino, già negli anni precedenti, aveva alluso a un flirt con l’attrice e cantante francese Katty Line, ma con Ornella la faccenda pare essere stata diversa. Al tempo la smagliante attrice partenopea/estone con la pronuncia sbrecciata aveva il mondo ai piedi; nei rotocalchi d’epoca si legge che, durante un volo, lei avrebbe vergato una lettera diretta al novello amante, con scritto “ let’s get togeter e look what develops” (chissà perché non in italiano?). In seguito la Muti (che di recente ha confermato quella relazione) tenterà la sorte negli USA e, poco acclamata nonostante le spinte, ripiegherà su qualche film minore, partecipazioni estere, fiction e comparsate. Giornalisti maligni ebbero a notare che le due “rivali” Claudia e Ornella avevano in comune una caratteristica fisica che evidentemente piaceva al conteso divo, le caviglie grosse.

Nella difficile situazione in cui venne a trovarsi la RAI, con Finivest che tirava a sottrarle tutti gli storici assi nella manica, ci si rivolse a Celentano che, bene o male, non era mai scomparso di scena (a differenza di colleghi come Gianni Morandi, che subì pause forzate, benché feconde) e gli si affidò la conduzione dello show del sabato sera, Fantastico, edizione 1987. Ora la sua conduzione viene raccontata come un momento epico, per esempio da Marisa Laurito nello scorso febbraio, ma allora la scoppiettante napoletana (e altri che affiancavano il leader) apparivano esauriti dai lunghi silenzi imposti da Adriano a titolo di new style, alle sue incursioni in politica, al suo animalismo integralista: l’ex Elia di “Il bisbetico domato”, una delle sue migliori interpretazioni, sparava sì ai cacciatori, ma allevava maiali, non certo per metterli in vetrina…

Avanti ancora, e lo showman, abbandonate velleità tersicoree (passava anche per il ballerino che non era) ci regalerà almeno due altre situazioni energetiche: l’album “Mina Celentano”, e “Rockpolitick”, spettacolo del 2005 che, sebbene sempre zeppo di pretenziose sparate predicatorie, con il lancio degli aggettivi “lento” e rock” modernamente intesi, quantomeno muoverà la scena popolare a livello lessicale.

Gli anni passano e si deve combattere con lo share, dunque anche quello che avrebbe potuto costituire un successo in altri tempi, viene definito un flop: il cartone “Adrian Live- questa è la storia”, ultima citazione che ci concediamo, oltre al dolente brano “Il tempo se ne va’” del 1980, a nostro gusto uno dei suoi migliori, in cui viene esplorato il rapporto padre/figlia.

Già, la prole Celentano, che fa? La primogenita Rosita, dopo aver provato a condurre un Sanremo, con altri figli di famosi, talent e qualcosina d’altro, a farsi produrre un film da mamma, “Treno di panna”, pare abbia lasciato perdere impegni importanti, apparendo ogni tanto in giro; Rosalinda, che vanta una partecipazione a “ La passione di Cristo” con Mel Gibson, nel ruolo di Satana, sembra rimasta un po’ inchiodata a qualche dramma divorante e irrisolto. Giacomo, che ha dato ad Adriano e Claudia l’unico nipotino, aveva iniziato una carriera da cantante con esiti, sempre a nostro modesto parere, incoraggianti, perdendosi per strada e penalizzato, a suo dire, dalle scelte di vita cattolico – integraliste. C’è ancora un parente in giro, la crudele giudice talent Alessandra, spietata nel valutare le capacità tersicoree di tutti: e quelle dello zione?

Sappiamo che Adriano Celentano, oggi 84 anni portati alla grande, è ben assiso nell’olimpo internazionale dello spettacolo, leggenda vivente, che ha lasciato la sua impronta, profonda, forse troppo anche per chi gli sta vicino.

E conosciamo anche il suo impegno pacifista che oggi vorremmo sentire rinverdito, per coronare degnamente una carriera, ma adesso, stranamente, Adriano tace.

Carmen Gueye