Stavo pensando che l’Italia è un Paese di “vecchi”, ma non è un Paese per i vecchi perché nessuno fra i politici s’interessa dei loro bisogni… del resto così è stato anche in epoca di pandemia.
Eppure gli anziani, i ‘’vecchi’’ sono la nostra storia e spessissimo anche il sostegno dei giovani; sono gli anziani ad insegnarci il rispetto dei valori, a ricordarci le nostre radici e, spessissimo, ad indicarci la strada della dignità, della generosità, della dedizione. Ma spessissimo li abbandoniamo a loro stessi. Sapete che tre anziani su quattro non hanno più vita sociale e spesso neanche con la propria famiglia? Sapete che uno su cinque vive in isolamento totale ed è facile preda di criminali senza scrupoli poiché vive in isolamento totale, senza contatto con altre persone, neppure telefonici, nel corso di settimane, mesi e anni?
Durante il periodo della pandemia, nei periodi più acuti, è stato chiesto alle famiglie di proteggere i “nonni”, cercando di limitare i contatti fisici il più possibile. Nelle RSA gli “anziani” sono stati posti in stato di isolamento totale. Molti anziani sono morti senza nessuno che stringesse loro la mano. Una prudenza comprensibile ma che ha finito per l’acuire quella distanza e quella solitudine che pesa oggi come mai era accaduto prima.
Forse è proprio questa l’emergenza sociale italiana in questo momento… quando invece Cicerone scriveva: “Non sono i capelli bianchi o le rughe che riescono a conquistare di colpo l’autorità, ma è la vita passata, vissuta con onore, a raccogliere alla fine i frutti dell’autorità. Sono infatti un’attestazione di rispetto gesti in apparenza insignificanti e comuni come ricevere il saluto, essere cercati, vedere che ti cedono il passo o che si alzano in piedi, essere accompagnati e riaccompagnati, essere consultati, abitudini che da noi e in altri paesi si osservano con tanto più riguardo quanto più i costumi sono giusti.” Che fine hanno fatto le nostre abitudini?
E’ quindi un emergenza sociale, forse la prima, ma non sembra sentire l’interesse dei nostri attuali politici. Neanche dopo la strage – quasi tutta di anziani – che il Covid-19 ha fatto ha portato attenzione verso di loro: un minimo di coscienza sui bisogni e le urgenze di quegli italiani avanti negli anni che sono, anche nello “stato di emergenza” che stiamo vivendo, le fondamenta di questo Paese.
Le sole occasioni in cui la politica si occupa di loro è per farli sentire un peso (economico e sanitario). Ecco allora la politica intervenire per ridurre i costi sociali che inevitabilmente l’età comporta. Ma i “vecchi” non solo non sono un costo, ma un risparmio per uno Stato che non è mai riuscito a creare un sistema di welfare degno di questo nome. I dati sono chiari: il 29% dei “vecchi” rappresenta una risorsa per i propri familiari e per la collettività; il 19% si prende cura dei congiunti ancora in vita; il 14% di familiari e amici con cui non vive e il 6% è attivo nel volontariato. Senza contare poi che il 67% partecipa attivamente ed economicamente alle necessità della propria Parrocchia (leggasi Chiesa). Guardate poi cosa è accaduto al “popolo dei licenziati” e dei “disoccupati”, gente rimasta senza lavoro. Se non ci fosse l’aiuto dei “nonni” e dei padri e madri anziani avrebbero non solo difficoltà a pagare il mutuo o l’affitto ma anche a mettere insieme il pranzo con la cena.
Questo Paese si regge sugli anziani, ma non è proprio pensato per loro. Non c’è sicurezza nelle loro case, non ci sono chi si occupa della loro solitudine, non hanno una protezione e una valorizzazione del loro ruolo. Le istituzioni non li riconoscono, anzi gli complicano la vita (come ora con la «identità numerica», lo SPID di livello 1 poi di livello 2 per comunicare con enti locali), Call Center e I.A. per i servizi acqua, gas, luce e con leggi sempre più farraginose che li obbligano a farsi assistere (a pagamento) da CAF o similari. Si deridono perché non sono tecnologici e li si obbliga a diventarlo senza neanche immaginare una loro formazione almeno rudimentale che dovrebbero svolgere i “servizi sociali”. L’Italia non è un Paese per vecchi da tempo e prossimamente non lo sarà neanche per i giovani.
“Dicono che lo Spartano Lisandro fosse solito chiamare Sparta la più onorevole dimora della vecchiaia, in nessun altro posto, infatti, vi è tanto rispetto per la vecchiaia e in nessun altro posto la vecchiaia è più onorata. Si tramanda alla memoria che, essendo un tale di età avanzata venuto in teatro ad Atene durante i giochi, non gli fu dato dai suoi cittadini nella grande adunanza, essendosi poi avvicinato agli Spartani, che, essendo gli ambasciatori certamente seduti in un posto, si dice che tutti si siano alzati e abbiano permesso al vecchio di sedersi. Essendo stato a questi da tutto il pubblico un grande applauso, si tramanda che un tale tra loro abbia detto che gli Ateniesi sapevano le cose che erano giuste, ma non volevano farle.”
Cicerone: Gli Spartani rispettano la vecchiaia
Marco Affatigato