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L’opinione: cittadinanza, patrioti, ma di cosa stiamo parlando?

Di cosa parliamo, esattamente, quando parliamo di cittadinanza? Di uno status, di un reddito, di un diritto? Oggi tutti si riempiono la bocca del termine «cittadinanza» come anche di «patriota». Ma di cosa parliamo? Cittadino come patriota sono certamente due identificazioni nobili. Significa riconoscere il valore di una persona, di inserirla in un progetto, farla uscire dall’anonimato.

Perché affronto questo tema? Perché si parla di «dare cittadinanza» secondo i criteri dello «Ius soli» e dello «Ius culturae», che prevedono il riconoscimento della «cittadinanza» ai figli stranieri nati in Italia o quelli che in Italia hanno seguito un periodo di studi. Ma quali sono i criteri attuali per essere «cittadini italiani». Per chi nasce da «genitori già italiani» o di «filiazione italiana» (esempio: un argentino che riesce a dimostrare un albero genealogico italiano può diventare immediatamente italiano anche se nato , vissuto e studiato in Argentina… e questo vale anche per tutti i nati, vissuti e studiato in altri Paesi; questa legge venne promulgata dal Parlamento italiano per permettere ai Club di Calcio italiano di «nazionalizzare» giocatori stranieri e quindi aggirare il «blocco numerico» dei giocatori stranieri ammessi in ogni Club, divenendo di fatto la cittadinanza un «complemento sportivo» e, visto il settore, anche economico di profitto).

Cittadinanza = complemento. Solo questo? No, certamente. Oggi esiste una normativa/legge che regolamenta il rilascio della «cittadinanza» agli stranieri che abbiano lavorato e soggiornato regolarmente in Italia. Ma anche in questo caso la «cittadinanza» è un complemento di specificazione che arriva dopo la parola «reddito». Quindi né nascita né studio.

Ma sono, senza dubbio – almeno per me -, proprio la nascita e l’apprendimento che fanno di una persona cittadino e quindi danno cittadinanza. Se c’è un motivo «portante» alla cittadinanza è proprio la nascita e se c ‘è un motivo «portante» per il divenire «cittadini» è l’educazione scolastica, fin dalle elementari e dalle medie, quale unico percorso nella direzione di uno stile di «corresponsabilità» nuovo. Sono questi due motivi importanti per cui si è riconosciuti all’interno di una società e non certamente il denaro.

Ma per divenire «cittadini» non ci si può limitare a questi aspetti. L’Italia, nella sua unità come nella sua forma di repubblica, è molto giovane ed è per questo che gli italiani devono essere educati alla cittadinanza. È da qui’ che bisogna partire. Cominciare dai più giovani «cittadini» nelle scuole parlando loro di Costituzione, educazione civica, educazione ambientale, legalità, diritto italiano e diritto europeo, su cosa vuol dire «essere cittadino di una comunità», quali onori e quali oneri comporta e come parteciparvi a pieno titolo, educandoli alla cittadinanza, alla convivenza civile, per essere poi in classe come in famiglia come nella società protagonisti nella vita della propria città, del proprio Paese essendo cittadini e patrioti.

di Marco affatigato

Riguardo l'autore

Marco Affatigato

nato il 14 luglio 1956, è uno scrittore e filosofo laureato in Filosofia - Scienze Umane e Esoteriche presso l'Università Marsilio Ficino. È membro di Reporter Sans Frontières, un'organizzazione internazionale che difende la libertà di stampa.

Nel 1980 la rivista «l’Uomo Qualunque» ha pubblicato suoi interventi come articolista. Negli ultimi anni, ha collaborato regolarmente con la rivista online «Storia Verità» (www.storiaverita.org) dal 2020 al 2023.