Ho letto si internet che in alcune stazioni ferroviarie italiane di Roma, Milano, Bologna e forse altre, sia comparsa una pubblicità luminosa con una sola frase affermante “Siete insetti”. Si può anche intendere come un messaggio di questa ‘’nuova cultura’’ che s’intende far assumere al genere umano ma, in realtà, è una pubblicità della serie televisiva di Netflix «Il Problema dei Tre Corpi», tratta dal romanzo di un autore cinese Liu Cixing che narra la storia di un’invasione aliena resa possibile dall’odio degli uomini per loro stessi. La pubblicità di Netflix attraverso la «rete» ferroviaria vuole forse imitare Orson Wells, quando condusse un programma radiofonico come fosse la cronaca in diretta della «Guerra dei Mondi», riguardante un’invasione aliena che scatenò il panico negli ascoltatori. Non so’ però come possano aver reagito gli utenti delle ferroviere leggendo sugli schermi nelle Stazioni ‘’Siete insetti’’. La mia domanda è, avendo visto – qui in Francia – la prima stagione di «Il problema dei tre corpi» perché suscita così tanto interesse? E perché dovrebbe creare polemiche?
È la storia di un’invasione aliena e neanche come quella serie americana «V – Visitors». Ormai ne hanno scritte e girate a migliaia, hanno invaso gli schermi dei cinema come delle reti televisive e quindi niente di nuovo sotto il Sole. O forse sì?
Forse sì perché a differenze delle altre invasioni di extraterrestri, che hanno luogo nell’immediatezza contemporanea, questa è un processo lungo quattro cento cinquanta anni, quattro secoli e mezzo, ed il suo obiettivo non è tanto la conquista del pianeta Terra ma quello della conquista dell’essere umano con l’egemonia culturale e alla demoralizzazione dell’umanità, più alta e più forte della supremazia militare. Dovremmo pensarci, visto che tutto ha inizio con la «Rivoluzione Culturale» di Mao-Tze-Tung, nel corso della quale con processi pubblici, sulle piazze, venne brutalmente eliminata , con esecuzioni che dovevano servire da esempio, tutta la ‘’classe intellettuale’’ definita borghese. E chi non era assassinato veniva deportato in Laogai ad essere ‘’rieducato’. Adesso non sto’ qui a raccontarvi le scene di questa serie televisiva per non togliervi l’eventuale gusto di vederla, ma darvi questo suo «inizio» era necessario per permettermi di sviluppare il mio pensiero. Questo perché è la figlia di un professore di fisica, ucciso in piazza perché non voleva sottostare alle ‘’verità’’ di Mao e rinnegare la scienza, che grazie alle sue doti scientifiche riesce ad entrare in contatto con altre forme di vita intelligente nell’universo. È lei ad inviare un primo messaggio nello spazio e di ritorno non vi è un semplice saluto alieno, ma un avvertimento da parte di un alieno: “Non rispondete, sono un pacifista in questo mondo. Se rispondete, vi invaderanno”.
Ma la protagonista, che ha perso fiducia nel comunismo e nell’umanità, e in modo nascosto alle Guardie Rosse comincia a leggere un libro in inglese di un autore americano dal titolo «La primavera silenziosa», che ai suoi occhi un vero e proprio manifesto ecologista, e si convince che l’umanità si autodistruggerà. Quindi, invece di non contattare gli alieni – come chiesto dall’alieno pacifista – li contatta e chiede loro di invadere la Terra.
Una volta tornata libera, negli anni del disgelo di Deng, incrocerà il suo destino con quello di un ecologista radicale americano, rampollo di una famiglia di petrolieri dalle risorse economiche illimitate e con lui, grazie ai suoi mezzi economici, fonderà una «società segreta» per preparare il terreno alla futura invasione aliena che avverrà dopo quattro secoli e mezzo. Inizia così la lotta senza quartiere, dove chi si oppone è assassinato o suicidato, per preparare la conquista aliena attraverso l’occupazione delle casematte del sapere (scientifico, soprattutto). Un gramscismo cosmico. Dico «gramscismo» poiché è quello che realmente sta accadendo attualmente con il cancel culture, il wokismo , ecc. ecc..
I «critici televisivi» non hanno però digerito che le scene di questa serie televisiva abbia inizio con i «processi pubblici» e l’esecuzione dei ‘’borghesi’’ effettuati nel corso della «Rivoluzione Culturale» maoista. Almeno su questo, Netflix è stata coraggiosa a mostrare gli orrori e i crimini del maoismo. Poi c’è anche la «critica cinese» che, forse, è molto più pertinente accusando la serie di essere improntata sullo stile del “salvatore anglo-americano”, cioè un «occidentale bianco», per l’occasione inglese, che salva il mondo da un problema nato in Asia mentre nel romanzo chi si oppone al progetto di invasione aliena è un manipolo di scienziati cinesi, fra cui un inventore di nanotecnologie, Wang Miao e un poliziotto straordinario, Shi Qiang. La produzione americana ha spostato la vicenda in Inghilterra e si è autoconcesso il permesso di cambiare tutti i personaggi: al posto di Wang Miao c’è una donna, immigrata sudamericana e con lei agiscono personaggi perfettamente aderenti all’ideologia woke: i geni sono donne immigrate, poi c’è il black che è geniale, eroico, ma non si applica perché, per rilassarsi, si fa sempre e troppe canne e, infine, ci sono anche i due maschi bianchi gay pieno di soldi, uno e l’altro debole nel carattere. C’è comunque rimasto Shi Qiang (detto “Da Shi”), un simpatico cinese grasso, fumatore e dai modi ruvidi ma al quale hanno aggiunto al personaggio un figlio gay, cosa che nel libro non c’è. Me era prevedibile poiché ormai in tutte le serie televisive e fims non si può non avere gaysmo e lesbismo. Ma nonostante tutti questi cambiamenti e l’imperante ideologia woke, il fascino della trama iniziale resta immutato, così come la potenza estetica delle scene, soprattutto quelle ambientate nel surreale mondo Trisolaris, il pianeta che gravita caoticamente attorno a tre stelle e in cui l’ordinato alternarsi delle stagioni è impossibile e imprevedibile, mentre l’apocalisse è sempre dietro l’angolo.
Resta il raffinato disegno degli alieni per conquistare lentamente la Terra, a partire dal cuore e dalla mente dei suoi abitanti umani. E così c’è la carota e il bastone. La carota del videogioco diffuso per fare reclute nelle «associazioni segrete di amicizia Terra-Trisolaris», dove si narra l’epopea di un popolo che sopravvive in un pianeta invivibile, costretto a rigenerarsi e rifondare la sua civiltà dopo ogni apocalisse. È così che si spiega la necessità di emigrare per abitare la Terra. E il bastone: la scienza demoralizzata da letteratura ostile al progresso umano, gli esperimenti sabotati, gli scienziati ricattati o spinti al suicidio. In realtà, guardando questa serie, in alcune fasi sembra di assistere a una guerra ibrida attuale, contemporanea. Sembra di vedere quel che i fautori del cancel culture, del wokismo e dell’utopia verde portata talmente all’estremo stanno già facendo, nel nostro mondo. Ed è l’odio di sé, di desiderare la sua stessa distruzione che lo permette. Ma questa non è una serie televisiva, non è fantascienza.
Marco Affatigato