Ai lavoratori retribuzioni adeguate alla vita e diritti; due parole chiave per la dignità di una persona.
Una società evoluta è quella che permette alle persone di svilupparsi in modo libero, creativo, generando al tempo stesso lo sviluppo della società. Per fare questo è necessario garantire a tutti in cittadini lo stesso «livello» di partenza. Questo livello non prefigura né sussidi né doti di partenza per le persone, ma l’esigenza di una forma di RETRIBUZIONE di base adeguata al costo della vita. Occorre, quindi, una giusta retribuzione che permetta al singolo individuo e alla famiglia del lavoratore di vivere dignitosamente.
La DIGNITA’ della persona non può essere annullata o ridotta quando svolge un’attività lavorativa e quando la persona NON HA una attività lavorativa è lo Stato che deve prendersi cura di trovargliela. Il DIRITTO NON AL LAVORO ma il DIRITTO AD AVERE UN LAVORO E POTERLO ESERCITARE è il primo dei diritti inviolabili, anche e soprattutto nel rispetto della nostra Costituzione (art.36). Perciò tutte le persone in Italia devono essere titolari di questo diritto. Questo è il punto chiave, ricordando che il «lavoro in nero», purtroppo assai diffuso in Italia ma per NECESSITA’ (costo eccessivo della parte contributiva per il datore di lavoro e eccessiva tassazione del servizio-lavoro), è per antonomasia senza diritti (oltre che senza garanzie). E dove non ci sono diritti non viene riconosciuta la dignità delle persone.
Si sente spesso parlare che sia necessario «fissare per legge» un minimo salariale, dimenticando però ch’esso esiste già. I minimi salariali fissati per legge o per contratto esistono già formalmente in Italia, solo che non vengono applicati. E’ invece prioritario fissare il salario al costo della vita: il salario deve aumentare se il costo della vita aumenta.
Quindi la sfida di chi governa è riportare nell’alveo della legalità tutte le attività. Poi affrontare il nodo delle diseguaglianze retributive all’interno del lavoro regolare in tutta l’Italia rendendole uguali (non c’è Nord, Centro, Sud) andando di pari passo con una rielaborazione dell’Ufficio dell’Impiego che dovrà trovare e proporre attività lavorative per evitare la disoccupazione, divenendo il nucleo forte per l’OCCUPAZIONE in Italia.
Secondo punto, a mio modesto avviso, è regolarizzare le «attività informali» presenti in Italia a cominciare dagli «stagismi» obbligatori per poter poi esercitare la professione scelta. Un sistema, quello dello «stagismo» molto diffuso in Italia e che può durare anche due, tre anni e molto spesso non pagato quando si parla di «accesso alla professione liberale» o, se pagato, liquidato con una «paghetta» mensile. Lo Stato che è rappresentato da chi governa deve saper dire NO alla sopraffazione e far rispettare le norme e i contratti.
Concludendo, l’obiettivo che dovrebbe essere raggiunto non è il reddito per tutti, come viene utopisticamente richiesto (dove prendere i soldi?) da chi oggi è all’opposizione ma che ha governato in questi ultimi quasi trent’anni senza attuarlo e neanche portarlo all’esame del Parlamento, ma LAVORO PER TUTTI. Cosa questa che può essere fatta! Un lavoro regolare, che assicuri diritti ai lavoratori, a cui corrisponda una giusta retribuzione e che dia dignità a tutti.
Marco AFFATIGATO