Cio’ che sta accadendo nel bel mezzo dell’Europa e a Gaza rilancia e ravviva la questione di «qualificazione giuridica» dei crimini che vi si svolgono e che sono codificati dal «diritto umanitario» da circa centocinquanta anni. In gioco c’è anche la questione dell’intervento straniero, con gli aiuti e l’addestramento militare, e delle sue conseguenze.
Il Diritto Internazionale Umanitario, al quale ci si richiama per qualificare dei «crimini di guerra», fa riferimento alla condotta delle ostilità – e viene chiamato anche «jus in bello». Esso si distingue dal «diritto a dichiarare guerra» (jus ad bellum). Il «jus in bello» cerca di limitare gli effetti distruttori dei conflitti armati, più precisamente sui ‘’non combattenti’’; il «jus ad bellum», definisce o cerca di definire le condizioni in cui il ricorso alla forza (guerra) sarebbe autorizzato – per esempio nel caso di ‘’legittima difesa’’ (vedi il conflitto in atto tra le forze armate israeliane e le milizie dell’organizzazione terroristica Hamas, braccio armato dell’organizzazione politica trasnazionale ‘’Fratelli Musulmani’’).
Ormai da diversi decenni, paradossalmente, gli sforzi per rendere ‘’l’attività guerriera’’ più conforme al diritto hanno contribuito a marginalizzare il divieto di fare la guerra, che invece era stato per molto tempo la priorità dei movimenti pacifisti, e molte guerre si sono accese sul pianeta. Ma, in questo testo, desidero limitarmi al «jus in bello», ovvero il diritto internazionale umanitario.
Radicata nel diritto consuetudinario, la nozione di «crimine di guerra» é cosi’ anziana quanto l’attività guerriera. Invece la sua codificazione è molto recente. Essa coincide con la nascita di un «sistema internazionale» , a cominciare dalla fine del XX° secolo, a sua volta sostenuto dall’affermazione di una sensibilità e poi di un diritto umanitario.
Cosi che è attraverso «Trattati» successivi che comincia la sua storia. I più importanti sono : la prima convenzione di Ginevra del 1864 sul miglioramento della sorte dei soldati feriti negli eserciti sul campo; le convenzioni di La Haye del 1899 e del 1907 che crearono la «Corte Permanente di Arbitrato» (l’attuale Tribunale di La Haye), tesa a proteggere i civili e vietare l’utilizzo di determinati armamenti ( la cosiddetta ‘’clausola di Martens’’ stipulante che in assenza di un codice più completo di leggi della guerra ‘’le popolazioni e i belligeranti restano sotto la salvaguardia et sotto il controllo dei principi del diritto delle genti», in poche parole, che tutto cio’ che non è espressamente vietato da un trattato non è comunque autorizzato); il protocollo di Ginevra del 1925, che ha bandito l’utilizzo di armi chimiche; e, infine, la convenzione di Ginevra del 27 luglio 1929, relativa al trattamento dei prigionieri di guerra.
Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale il «jus in bello» si è rinforzato con altre quattro convenzioni adottate a Ginevra il 12 agosto 1949 il cui obiettivo è quello di assicurare la protezione dei feriti, dei malati, dei prigionieri e dei civili.
Segnati dalle atrocità commesse nel corso della Seconda Guerra Mondiale, queste convenzioni sono il prodotto di concessioni tra le grandi potenze della «guerra fredda» (USA e URSS o per meglio definire UK, Francia, USA e URSS, Cina) in riferimento al soggetto «protezione dei diritti dei combattenti irregolari».
A queste quattro convenzioni del 1949 si sono aggiunti due protocolli nel 1977 che vietano, per esempio, l’arruolamento di bambini-soldati di età inferiore ai 15 anni (emessi nel contesto degli anni 1970 in cui i diritti dell’uomo suscitarono un rinnovato interesse).
Ma già la guerra in Iraq del 2003-2011 ha sensibilmente eroso la credibilità del «jus in bello». Senza parlare delle precedenti Cambogia e Viet-Nam. Oggi siamo invece innanzi a conflitti pre-mondiali che vedono la loro zona di guerra in Europa e in quella che è geopoliticamente definita la ‘’Striscia di Gaza’’ (senza però dimenticare che non è l’unico conflitto, altri sono in Asia e in Africa non di minor intensità bellica). Quindi molto vicino a noi. E’ la «questione Ucraina» che puo’ e deve interessarci maggiormente , rispetto al conflitto ‘’israelo-palestinese’’. Ma in entrambi i due ‘’casi bellici’’ la questione più spinosa non viene da eventuali «crimini di guerra» ma piuttosto dalla loro qualificazione possibile come «crimine di genocidio», una nozione inventata dal giurista polacco Raphael Lemkin nel novembre 1943.
L’utilizzo di questo termine, «crimine di genocidio», non è certamente neutro. Esso è iscritto per la prima volta nella lunga memoria della Seconda Guerra Mondiale. Il presidente della Federazione Russa accusando gli ucraini di essere dei ‘’nazisti’’ colpevoli di genocidio nei confronti degli ucraini russofoni, mentre il presidente dell’Ucraina paragona gli abusi dei russi ai crimini perpetrati su quelle «terre di sangue» dai tedeschi e loro ausiliari a cominciare dal 1941. Idem possiamo dire per il Sud Africa che accusa lo Stato di Israele di essere colpevole di genocidio nei confronti dei palestinesi nella striscia di Gaza e lo Stato di Israele che invece accusa l’organizzazione terroristico-militare Hamas, che controlla la Striscia di Gaza, e coloro che la sostengono di voler sterminare il popolo ebraico nei territori israeliani. Come si puo’ vedere non è semplice dire ‘’chi accusa chi’’.
Il genocidio è il «crimine dei crimini», quello cui la gravità eclissa tutti gli altri crimini di guerra. Il genocidio , cosi’ come è definito dalla Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948, ha delle implicazioni legali: l’intervento della comunità internazionale per fare cessare le esazioni, riaffermata con la ‘’responsabilità di proteggere’’ (spesso chiamata «R2P»), una norma di diritto internazionale pubblico dichiarata dall’ONU nel 2005, in conseguenza a fallimenti da prevenire, una decina di anni precedenti, come il definito «pulizia etnica» nei Balcani e il genocidio dei Tutsi in Rwanda, sui quali anche noi dovremmo porci delle domande.
Con il crimine contro l’umanità, il crimine di guerra e il crimine di aggressione, il crimine di genocidio è uno dei quattro crimini più gravi che toccano e riguardano l’insieme della comunità internazionale, secondo lo statuto di Roma (redatto e firmato nel 1998 ed entrato in vigore nel 2002), che ha dato vita alla Corte Penale Internazionale a La Haye, nei Paesi Bassi.
Questi crimini possono , evidentemente, sovrapporsi: un crimine di guerra, per esempio, può ugualmente costituire un crimine di genocidio. Tuttavia è l’intenzione e il fatto che vengono commessi atti criminali con l’obiettivo di «distruggere, tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale, o religioso» che caratterizza un «crimine di genocidio».
La qualificazione di «genocidio» puo’ quindi essere problematico nell’attuale conflitto russo-ucraino ma l’intenzionalità di «genocidio» nei confronti di Israele è chiaramente affermata nelle dichiarazioni pubbliche dei responsabili di Hamas e di almeno due paesi suoi ‘’protettori’’ e ‘’sostenitori’’: Iran e Turchia.
Come è possibile paragonarlo ai recenti casi : Tutsi in Rwanda oppure a quello dei turchi nei confronti degli armeni? Dei Cinesi nei confronti degli Uiguri ? Senza dimenticare quello nei confronti degli ebrei studiato, organizzato e messo in atto dai tedeschi nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Da non confondersi pero’ con la «pulizia etnica» , come fu messa in opera dai serbi nei confronti dei croati tra il 1991 e 1995, oppure quello storico, sempre nei confronti degli ebrei, nella Spagna quando nel marzo del 1492 i Re cattolici, Isabella I di Castiglia e Ferdinando II di Aragona, decretarono l’espulsione degli ebrei dai loro territori mettendo fine alla presenza secolare degli ebrei nei regni della penisola iberica (esempio storico che più s’avvicina e identifica l’azione dello Stato di Israele nei confronti dei palestinesi nella Striscia di Gaza), che non sono «genocidari» nella loro intenzione ‘’strictu sensu’’poiché le violenze visavano ad espellere da un territorio delle popolazioni giudicate indesiderabili al fine di appropriarsene o , più fondamentalmente, di ‘’purificarle’’ (estirpare da quel territorio le milizie dell’organizzazione terroristica Hamas).
Del resto , in assenza di un «ordine esplicito» , come fu per gli ebrei nel corso della Seconda Guerra Mondiale e i Tutsi in Rwanda, l’intenzionalità di un crimine di massa é difficile da provare. Questo è la ragione per la quale la qualificazione di «crimine di genocidio» é difficile e richiede indagini temporali lunghe per stabilirlo. Sono quindi il contesto, le circostanze e i discorsi che permettono di determinare che un genocidio si prepari oppure che sia in corso.
Ma, al di là della qualificazione giuridica delle esazioni commesse nel corso del conflitto russo-ucraino e in quello israelo-palestinese attuale (l’aggressione di Hamas del 7 ottobre 2023 nei confronti di cittadini israeliani all’interno dei confini dello Stato di Israele e la reazione militare dello Stato di Israele nella Striscia di Gaza controllata dalle milizie armate di Hamas) è evidente che è proprio l’applicazione della giustizia, del suo funzionamento, della sua efficacia, che si pone. Per quello che riguarda il conflitto russo-ucraino né la URSS poi Federazione Russa né l’Ucraina sono firmatari dello Statuto di Roma che ha dato vita alla Corte Penale Internazionale; per quello che riguarda il conflitto israelo-Hamas è la sua origine (l’aggressione terroristica e la presa di ostaggi compiuta il 7 ottobre 2023 nei confronti della popolazione israeliana) e la reazione israeliana (eradicamento della milizia armata di Hamas – giuridicamente definita ‘’organizzazione terroristica’’ – nella Striscia di Gaza e la ricaduta della guerra nei confronti della popolazione palestinese vittima di questo conflitto ) .
La domanda quindi da porsi giuridicamente è: lo Statuto della Corte Penale Internazionale permette a questa di esercitare la sua competenza sul territorio di uno Stato che non riconosce la sua competenza giuridica non essendone sottoscrittore? E , la seconda, permette di esercitare la sua competenza in una ‘’azione militare’’ di reazione ad un attacco terroristico qual è stato quello del 7 ottobre 2024 esercitato da Hamas (certamente paragonabile all’attacco agli USA esercitato da al-Qaeda lo 11 settembre 2001 e la reazione USA) nei confronti dello Stato di Israele e la sua reazione militare?
Marco Affatigato