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L’opinione: Dante; il sommo italiano

In Italia come nel Mondo (grazie anche alla «Società Dante Alighieri» e la sua rete, presente in 80 Paesi del mondo e in tutti i continenti), al di là degli anniversari della sua morte, non c’è un solo giorno in cui non si ricordi Dante Alighieri, il sommo poeta nazionale, e le sue opere (Rime, Vita Nova, Convivio, De Vulgari Eloquentia, Monarchia, Epistole Egloche, Il fiore, Detto d’amore, Quaestio de aqua et terra) ma prima fra queste «Divina Commedia», titolo con cui la conosciamo ma che non è stato quello attribuito dallo stesso Dante. Alighieri, infatti, denominò il suo lavoro semplicemente «Comedia», l’aggettivo «Divina» le fu attribuito dal Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante, scritto fra il 1357 e il 1362 e stampato nel 1477.

È infatti sorprendente notare la ‘’plasticità’’ della figura dantesca che viene celebrata ininterrottamente dalla fine del Settecento, fino ad oggi, assumendo di volta in volta significati nuovi e a volte anche contraddittori.

Con Dante (1265-1321), si puo’ studiare dal vivo l’invenzione della tradizione. Così, il canone creato alla fine del XVIII° secolo dei quattro maggiori poeti italiani – Petrarca, Ariosto, Tasso e Dante – avrebbe potuto benissimo fare a meno di Dante visto quanto era ammirato Pietro Metastasio (pseudonimo di Pietro Antonio Domenico Bonaventura Trapassi, 1698-1782, poeta, librettista, drammaturgo e presbitero italiano, considerato il riformatore del melodramma italiano) ora ben dimenticato.

Anche Voltaire nel 1757 del resto scriveva: “Gli italiani lo chiamano divino, ma è una divinità nascosta”, criticando il carattere “ellittico” della sua scrittura. Allora perche?

Fu con i moti rivoluzionari e durante il periodo romantico, quello del Risorgimento, terminato nel 1861, con l’unità d’Italia, che la riscoperta di Dante e la «Divina Commedia» fu essenziale: Dante, repubblicano esule per vent’anni da Firenze, autore de “La Divina Commedia”, poema sacro che rievoca il suo viaggio dall’Inferno al Paradiso, divenne l’inventore della lingua nazionale (il toscano, all’origine dell’italiano) e il simbolo dell’unità della nazione. Dante è la nuova Italia della libertà e dell’unità, laica e civile, delle città e della campagna, degli operai come della nobiltà. E’ trionfante contro l’altro gigante della poesia: Petrarca, che rappresenta l’antica Italia, quella tirannica e schiavista che non si è piegata pero’ senza combattere. Mentre il letterato più celebre del tempo, Pietro Metastasio, entrato nelle grazie dell’ambiente del patriziato austro-partenopeo viene nominato primo poeta di corte a Vienna. Non da meno vi fu la Massoneria che in quel momento influiva sugli eventi politici in vari Stati, spesso in senso progressista, radicale e laicista, e Dante, che appare aver appartenuto al gruppo della massoneria di quei tempi, ne é espressione con la «La Divina Commedia», ricettacolo di messaggi massonici nascosti. Ma di Dante esoterico e massone è un tema che affrontero’ successivamente.

Il mito di Dante come anche la riscoperta della sua opera sono in buona parte prodotti dai patrioti italiani in esilio, da Foscolo a Modena, repubblicano convinto che nel 1839 interpreterà a Londra uno spettacolo in cui incarna Dante, declamando e esplicitamente il testo per un pubblico di esiliati italiani. E questa ‘’mania dantesca’’ colpisce anche gran parte della popolazione della penisola attraverso la monumentalità. A Firenze, sua città natale, la costruzione di un ‘’cenotafio’’ (una tomba eretta in memoria di un defunto e che non ne contiene il corpo) in Piazza Santa Croce viene pensata e discussa sin dal 1803 per poi , finalmente, costruirla nel 1830. Ravenna, dove è morto, diventa il luogo di pellegrinaggio intorno al suo sepolcro immerso in una esasperata religiosità civica. Ma sarà Firenze in cui , nel 1865, è organizzato il sesto centenario della sua nascita e marca il punto culminante. E’ da sapere che Firenze in quell’anno è la capitale del giovane Regno d’Italia.

Ma Dante serve a tutti. Anche l’élite liberale e monarchico celebra senza discontinuità il ‘’Sommo Poeta’’, su tutte le sue forme, sino al punto che oggi potremmo parlare di ‘’Dantemania’’. Anche durante il fascismo , movimento nazionalista, la memoria di Dante fu recuperata. Tuttavia, quello che potrebbe apparire come un agevole dispiegarsi dell’invenzione di un eroe nazionale abbastanza polisemico da soddisfare tutte le tendenze politiche si rivela essere, per coloro che vogliono esaminarlo da più vicino, molto più complesso. Cosi’ l’entusiasmo per il «Sommo Poeta» non fu per molto tempo condiviso dalla Chiesa cattolica, alla cui morale Dante si era ispirato. Per essere recuperato dai cattolici, fu necessario attendere la Prima Guerra Mondiale e più precisamente quando le ‘’masse cattoliche’’ ritornarono sulla scena politica. Esse, nel 1921, si associano alle celebrazioni dantesche del 600° anniversario delle sua morte a Ravenna. Celebrazioni guidate da Italo Balbo e Dino Grandi. Sarebbe stata la prima manifestazione del nazionalismo fascista. Qualche ‘’voce contestataria’’ , come quella di Benedetto Croce o di Piero Gobetti, si leverà per denunciare la ‘’pomposa retorica’’ delle cerimonie di Ravenna e di Firenze, in presenza del sovrano. Ma furono voci rare mentre molti di più sono coloro che si commuovono davanti al riconoscimento delle spoglie di Dante, riesumato dagli antropologi, descritto e fotografato per affermare che i suoi resti testimonino che non era di origine tedesca ma italiana. Nel 1938 il governo di Mussolini affido’ ai migliori architetti della penisola l’incarico di studiare un progetto di tempio , il «Danteum», da far erigere a Roma.

Questa è la dimostrazione di come Dante diventa centrale nella mitologia fascista. Ma il progetto nel 1945 falli’ in conseguenza al colpo di Stato contro Mussolini, alla resa del Re alle truppe alleate e la successiva nascita della Repubblica di Salò.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale il culto di Dante conosce uno stop : troppo nazionalista, troppo legato al regime fascista. Se Dante rimane pur un simbolo dell’Italia, il ‘’feticismo’’ che ne aveva caratterizzato il culto fin dagli anni dell’Italia liberale svanisce. Dante invece diventa un simbolo «globalizzato», universale, fuggente la penisola e nel 1965, il giorno dell’anniversario della sua nascita, Dante ha una celebrazione mondiale. Gli intellettuali e artisti se ne impossessano. Anche la Chiesa cattolica ne fa il «poeta cristiano per eccellenza» tant’è che Paolo VI riprenderà dei versi de «L’Inferno» inserendoli in una lettera apostolica. Da allora films, disegni e cartoni animati, libri lo enunciano : è la «saga di Dante» e della sua «Comedia» diventa divina. Celebrazioni popolari probabilmente abbastanza lontane da ciò che aveva in mente il primo comitato organizzatore ufficiale.

Marco Affatigato

Riguardo l'autore

Marco Affatigato

nato il 14 luglio 1956, è uno scrittore e filosofo laureato in Filosofia - Scienze Umane e Esoteriche presso l'Università Marsilio Ficino. È membro di Reporter Sans Frontières, un'organizzazione internazionale che difende la libertà di stampa.

Nel 1980 la rivista «l’Uomo Qualunque» ha pubblicato suoi interventi come articolista. Negli ultimi anni, ha collaborato regolarmente con la rivista online «Storia Verità» (www.storiaverita.org) dal 2020 al 2023.