In Cina , come tutti gli altri anni, è stato vietato commemorare le vittime del massacro di Piazza Tienanmen del 4 giugno 1989. Ora anche nelle enclave di Hong Kong e Macao. Il divieto è con una Legge per la sicurezza nazionale. I cattolici hanno comunque celebrato la commemorazione. Come gli ultimi tre anni ad Hong Kong la polizia ha chiuso il parco Vittoria.
In Cina è stato assolutamente vietato commemorare le vittime del massacro di Piazza Tienanmen del 4 giugno 1989. Del resto secondo la storia ufficiale della Repubblica Popolare cinese, quel massacro stesso non è mai avvenuto. Internet è stata filtrata apposta per impedire l’accesso dei cittadini cinesi a tutti i siti che ne parlano. Allusioni più o meno palesi a quel che è successo sono state individuate dalla polizia cinese e severamente punite. In soli due luoghi della Cina si poteva parlarne prima: Hong Kong e Macao. Si poteva. Perché da quando sono tornate ad essere parte della Repubblica Popolare cinese sono stati introdotti limiti sia alle cerimonie per le vittime a causa del Covid e dal 2021 è subentrata anche la nuova Legge per la sicurezza nazionale che ha reso ancor più difficile manifestare il ricordo del 4 giugno 1989, con migliaia di arresti.
La veglia nel parco Vittoria: grandi masse di cittadini cinesi di Hong Kong si sono comunque riuniti con candele, torce elettriche o luci dei loro cellulari. Esporre una candela alla propria finestra è, infatti, un altro modo per ricordare i caduti del 1989. Tienanmen stroncò le speranze di una riunificazione libera e pacifica di Hong Kong con il resto della Cina. Avvenne dopo 10 anni di riforme, le “Quattro modernizzazioni” (agricoltura, industria, scienza e difesa), promosse da Deng Xiaoping per uscire dall’incubo totalitario di Mao Zedong. La morte di uno dei comunisti più modernizzatori, Hu Yaobang, spinse studenti, operai, professionisti e intellettuali a chiedere apertamente anche la “quinta modernizzazione”: la democrazia, dunque la fine del monopolio politico del Partito Comunista. Dopo mesi di negoziati e tensione, alla fine Deng autorizzò l’uso della forza e l’esercito occupò la piazza Tienanmen, epicentro della protesta, anche con i carri armati. Il numero dei morti è tuttora ignoto, ma nell’ordine delle migliaia in una sola notte.
Malgrado sia diventato pericoloso, è stata commemorata questa giornata. Nel 2021 il primo arresto ha anticipato la manifestazione: Chow Hang Tung, vicepresidente della Hong Kong Alliance, organizzatrice dell’evento annuale. Il suo fondatore e presidente, il sindacalista e parlamentare Lee Cheuk-yan è già stato condannato a 10 mesi per aver organizzato una manifestazione non autorizzata nell’agosto del 2019. Albert Ho, direttore, ha anch’egli una condanna a 10 mesi, per lo stesso motivo. Sono stati eliminati dalla scena ancora prima dell’anniversario.
Chow Hang Tung, il giorno prima dell’arresto, essendo avvocato sapeva cosa le sarebbe capitato. «Sono pronta ad essere arrestata – aveva dichiarato alla stampa – Questa è Hong Kong, come è diventata ora. Se ti batti per la democrazia sotto un regime autoritario, essere arrestata è inevitabile. E lasciamo che mi arrestino. Sono pronta a pagare il prezzo della lotta per la democrazia». Niente a che vedere con noi italiani; loro hanno gli attributi!
Come prevedeva, è stata prelevata da agenti in borghese, ma prima ha lanciato un appello ai concittadini: «Accendete le luci, ovunque vi troviate, che sia il vostro cellulare, candele o torce elettriche». Il secondo arrestato preventivo è stato quello di un 20enne, conosciuto come “Cheung” accusato di “promuovere e annunciare una manifestazione illegale”.
Nelle chiese cattoliche, il massacro è stato ricordato nelle omelie.
Il vescovo emerito, nella chiesa di Sant’Andrea, ha parlato ai fedeli con parole di grande ottimismo, nonostante il periodo e il ricordo drammatico: «Ci rifiutiamo di essere pessimisti e non rimarremo delusi. Nel ricordo dei morti, quelli uccisi nel 1989, la nostra preghiera è anche perché il Signore guidi i governanti a camminare sulla via della giustizia e della pace». Dei caduti di Tienanmen, morti «Per la nostra democrazia e la nostra libertà», ha ricordato soprattutto la motivazione, che oggi appare lontanissima se pensiamo a cosa sia diventata la Cina di oggi: «ciò che chiedevano era un governo pulito, contro la corruzione, e ciò che volevano era un Paese veramente forte, ma purtroppo hanno dovuto lasciare il mondo con l’impronta dei rivoltosi». Un impegno che non va perduto, né dimenticato: «Il loro sacrificio è per noi e noi abbracciamo le loro speranze: una società giusta e pacifica, un regime rispettato dalla gente e un Paese forte rispettato dal mondo». «Alcuni sostengono: “I martiri sono in cielo; sono stati commemorati per anni, ora basta!” No, amiamo i martiri patriottici, amiamo troppo il nostro Paese, la nostra speranza non svanisce».
Anche il vescovo ausiliare di Hong Kong, ha presieduto la messa commemorativa nella chiesa di San Francesco a Kowloon. Altre funzioni per i caduti di Tienanmen si sono svolte anche in altre cinque chiese. Però non c’è stata la partecipazione di massa. Braccati dalla polizia e intimoriti dalle nuove leggi, i cittadini hanno ricordato Tienanmen soprattutto in privato, o a piccoli gruppi. Chi ha provato comunque ad entrare nel parco Vittoria, è stato allontanato dalla polizia. Lumi sono stati accesi ai confini del parco.
Anche a Macao, l’altra enclave autonoma e relativamente libera, la memoria è stata proibita. I motivi del divieto? Perché gli slogan e le motivazioni della commemorazione violano una serie di leggi penali, quali: diffamazione e istigazione alla sovversione.
Infine, solo nell’altra Cina, Taiwan, è stato possibile commemorare le vittime di Tienanmen e parlare liberamente di quel che avvenne. Il presidente dell’isola ha scritto sulla sua pagina Facebook: «Credo che tutti i taiwanesi che sono fieri della loro libertà e democrazia, non dimenticheranno mai questo giorno e rimarranno fermi nella loro fede, fermamente, pur nella tempesta».
Marco Affatigato