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UE. Fassina (economista) “Riarmo è scelta politica, classi dirigenti usano paura per puntellare loro credibilità”

Ritengo che almeno in parte la proposta di riarmo europeo sia dovuta alla necessità di innalzare la domanda interna degli Stati, certo sarebbe auspicabile non si parlasse di investire in armi ma in altri settori.

“Ritengo che almeno in parte la proposta di riarmo europeo sia dovuta alla necessità di innalzare la domanda interna degli Stati, certo sarebbe auspicabile non si parlasse di investire in armi ma in altri settori. L’Europa ha la stringente necessità di alzare la propria domanda interna, perché le esportazioni non tirano più come prima, e si è scelto di farlo producendo carri armati. Questa è sicuramente una spiegazione, ma bisogna capire che in primis si tratta di una scelta politica: le classi dirigenti di quasi tutti gli Stati, in caduta libera per quanto riguarda la credibilità politica, usano la paura per puntellarsi. Si inventano la prospettiva di un’invasione russa e, senza alcun fondamento, insistono nell’aumentare la spesa militare che è già superiore a quella russa”.

A dichiararlo è stato, ai microfoni di Radio Cusano, l’economista Stefano Fassina intervenuto a ‘Battitori Liberi’, condotto da Gianluca Fabi e Savino Balzano, a proposito della corsa al riarmo europea.

L’economista, proseguendo nel suo intervento, ha poi aggiunto: “La cosa grave però è che si è scelto di fare questa spesa a debito, cosa che non la rende affatto gratuita. Nonostante sia scomparsa la soglia del 3% questo debito alla fine andrà pagato, e a farlo saranno i lavoratori e le imprese: per acquistare queste armi arriveranno ulteriori tagli alla spesa pubblica, questo va detto”.

Stefano Fassina si è poi soffermato sulla proposta del ministro Giorgetti per gestire il debito del riarmo, affermando: “La proposta di Giorgetti è semplice: con la garanzia dei soldi pubblici intende chiedere alle banche di fornire un prestito alle imprese che producono armi, affinchè quei soldi non figurino immediatamente sul bilancio pubblico. Questa operazione-sottolinea- è soltanto una presa in giro per spostare un po’ in avanti il pagamento del debito, che prima o poi porterà ai tagli. Il Financial Times lo ha scritto chiaramente: più spesa militare vuol dire più tagli al welfare”.

L’economista ha infine terminato il proprio intervento commentando la possibilità di un ridimensionamento militare americano in Europa: “Non ho sentito né dal dipartimento di Stato americano né tantomeno dal Pentagono dichiarazioni che prospettassero lo smantellamento di basi Nato in Europa e nemmeno la presenza di militari americani in Germania o in Italia, è un racconto strumentale; gli USA hanno troppi interessi da noi. In ogni caso continuo a chiedere anche lo facessero, chi paga?  Se proprio si ritiene necessario trovare soldi per la difesa,che si chiudano i paradisi fiscali. Gli statisti che parlano di una necessità di armarsi siano coerenti, altrimenti finirà come nel 2004: a pagare saranno soltanto i cittadini, poi non bisogna stupirsi se si sposteranno sempre più a destra”.