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Dal conclave del 1903 a Trump: lo ‘ius exclusivae’ può tornare?

Non finisce di stupirci Donald Trump che in occasione delle fasi che precedono la nomina del nuovo Pontefice punta a rispolverare, in ritardo, un antico diritto quale lo “Ius exclusivae”. Secondo quanto riportato dall’ANSA il 23 aprile 2025, il presidente Donald Trump avrebbe espresso il desiderio che il nuovo Papa non sia “distante” dalla sua visione politica. Stando a quanto riferito dalla stessa fonte, l’entourage dell’ex presidente starebbe esercitando pressioni – più o meno esplicite – per promuovere un candidato papabile che incarni valori vicini alla linea conservatrice e sovranista del tycoon. Nei fatti un qualcosa che ricorda lo “Ius exclusivae”, esercitato l’ultima volta nel 1903.

Fin qui nulla di nuovo: ogni elezione papale ha attirato l’interesse (e talvolta le intromissioni) dei poteri secolari. Ma ciò che colpisce, in questo caso, è la reminiscenza quasi nostalgica per un privilegio scomparso: lo “ius exclusivae”, il diritto di veto di un sovrano cattolico sull’elezione di un pontefice.

Un diritto che, per la cronaca, è stato formalmente abolito nel 1904 dopo un clamoroso episodio avvenuto al conclave del 1903. All’epoca, il cardinale polacco Jan Puzyna annunciò che l’imperatore Francesco Giuseppe d’Austria si opponeva all’elezione del cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, ritenuto troppo filo-francese e quindi inaccettabile. Il veto imperiale — pronunciato con parole latine cariche di deferenza e autorità — colse di sorpresa il Sacro Collegio e, di fatto, determinò l’elezione di Giuseppe Sarto, il futuro Papa Pio X.

L’episodio suscitò sconcerto e indignazione tra i cardinali presenti. Il nuovo pontefice, deciso a impedire ulteriori ingerenze secolari, promulgò la costituzione Commissum Nobis, che proibì esplicitamente qualsiasi forma di veto o influenza da parte dei poteri laici sull’elezione papale, pena la scomunica.

«Noi vietiamo ai Cardinali […] di ricevere anche sotto forma di un semplice desiderio l’ufficio di proporre il veto, in qualsiasi modo» – Pio X, 1904
Oggi, più di un secolo dopo, non esiste più alcun diritto di veto. Ma qualcuno — come il presidente Trump e i suoi alleati — sembra ancora convinto che basti una telefonata o un tweet ben piazzato per orientare i giochi della Chiesa. In fondo, nell’epoca della post-verità, perché non credere che anche il conclave possa piegarsi al “make Catholicism great again”?

Certo, l’influenza geopolitica e culturale non si è mai veramente spenta. Ma tra le mura della Cappella Sistina, protette dal silenzio e dallo Spirito, è difficile pensare che i cardinali si facciano condizionare da nostalgie imperiali o pressioni d’oltreoceano.

Per dirla con le parole del giovane Eugenio Pacelli — futuro Pio XII — lo “ius exclusivae” fu «un diritto mai riconosciuto dalla Chiesa, ma solo tollerato per prudenza». E la prudenza, si sa, oggi è merce rara.

Va ricordato che il Codice di Diritto Canonico e le costituzioni apostoliche attualmente in vigore escludono qualsiasi forma di veto laico nell’elezione papale, e ogni ingerenza politica è considerata inaccettabile dalla Santa Sede.

M.S.

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