La Commissione Europea ha avviato procedimenti formali contro Pornhub, Stripchat, XNXX e XVideos, le quattro principali piattaforme pornografiche online, per presunte violazioni del Digital Services Act (DSA). L’accusa riguarda la mancanza di misure efficaci per la verifica dell’età degli utenti e l’esposizione dei minori a contenuti sessualmente espliciti.
Secondo l’UE, queste piattaforme non avrebbero adottato “misure appropriate e proporzionate per garantire un alto livello di privacy, sicurezza e protezione per i minori”, violando il principio cardine del DSA che impone agli operatori digitali di progettare i servizi in modo che tutelino i diritti dell’infanzia.
Sul fronte italiano, la delibera AGCOM n. 96/25/CONS stabilisce che tutti i siti e le piattaforme che diffondono in Italia contenuti a carattere pornografico – anche se con sede all’estero – devono dotarsi di sistemi di verifica dell’età rigorosi.
Il provvedimento, basato sull’art. 13-bis del Decreto-legge 123/2023, esclude lo SPID per la verifica dell’identità, poiché non conforme al principio del “doppio anonimato”: il sito non deve conoscere l’identità dell’utente, e il verificatore dell’età non deve sapere quale contenuto si sta consultando.
E non si tratta solo di proteggere i minori. Anche milioni di adulti hanno diritto a consultare contenuti legali senza essere tracciati, profilati o potenzialmente schedati. Il principio di anonimato nella fruizione del porno non è una pretesa immorale, ma una forma di tutela delle libertà individuali e della sfera privata, riconosciuta nel diritto europeo e costituzionale.
La protezione dei minori è un obiettivo sacrosanto. Ma il timore – legittimo – è che si voglia combattere un problema educativo con mezzi tecnici e punitivi. La generazione dei boomer aveva le riviste osé trafugate sotto il letto; oggi, i giovani scoprono il sesso attraverso Internet. Non è nostalgia, è constatazione: il porno online ha avuto – nel bene e nel male – una funzione sociale.
Nessuno vuole legittimare l’accesso dei minori. Ma vietare senza educare è scorciatoia. Se non affianchiamo alla regolamentazione una vera educazione sessuale, affettiva e digitale, rischiamo solo di spingere i più giovani verso ambienti più opachi e insicuri.
Simile regolamentazione nei fatti rischia così di trasformarsi in una eurofollia regolatoria: un eccesso di burocrazia digitale che impone strumenti invasivi, inefficaci o potenzialmente discriminatori. Il porno non sparirà, ma sarà più chiuso, più elitario, meno libero. Il tutto condito con il rischio che possa far trionfare maggiore illegalità.