Home » Quando Nixon aveva predetto che Trump sarebbe diventato Presidente degli Stati Uniti
Esteri

Quando Nixon aveva predetto che Trump sarebbe diventato Presidente degli Stati Uniti

Il 20 gennaio 1969 Richard Milhous Nixon diventava il 37esimo presidente degli Stati Uniti d’America.  Lineamenti da bulldog e mascella pronunciata sono i tratti che lo distinguono, come ricorda Sandro Pertini:Non mi sembrò un tipo umano, Nixon. Mi sembrò molto arrogante, molto pieno di sé. Uh, quella mascella! Non mi piace proprio, quella mascella. E quei lineamenti da bulldog. Non mi piacciono proprio. Denunciano una prepotenza”.

Nemico degli anni Sessanta, degli hippie e della controcultura di quegli anni, Nixon era uno che si considerava continuamente al di sopra della legge, in grado di fare ciò che voleva. Nella sua biografia, si legge che fu uno dei presidenti più controversi della storia, tant’è che fu l’unico presidente a dimettersi dalla carica nel 1974, per evitare l’impeachment provocato dallo scandalo del Watergate.

Sotto la sua presidenza, ricordiamo il ritiro graduale dalla guerra in Vietnam, la normalizzazione dei rapporti con la Repubblica popolare Cinese e la firma a Mosca del Trattato per la limitazione delle armi strategiche (SALT). Famosa è, inoltre, l’ingerenza di Nixon nei governi dell’America Latina eletti democraticamente, contro i quali fomentava golpe anticomunisti.

L’ottica paternalistica che ha caratterizzato entrambi i mandati del presidente californiano, convinto dell’impossibilità di ignorare una qualsiasi parte del mondo con la scusa che fosse troppo lontana dai suoi interessi per doversene occupare, si esplica perfettamente attraverso le affermazioni del segretario di Stato Henry Kissinger, a proposito dell’elezione di Salvador Allende in Cile:”Non vedo perché dovremmo restare con le mani in mano a guardare mentre un Paese diventa comunista a causa dell’irresponsabilità del suo popolo. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli”.

Nel 1973, mentre la Corte Suprema sanciva la costituzionalità dell’aborto volontario, il presidente Nixon esternava in privato non poche preoccupazioni riguardo i rischi per la famiglia e il conseguente permissivismo che sarebbe derivato da tale decisione.
Nonostante la sua personale fede nella santità della vita umana, Nixon era disposto a concedere l’aborto in alcuni casi, come lo stupro o l’incesto. Nel caso di miscegenation, ovvero di unione tra bianco e nero, l’aborto non solo era un diritto, bensì diventava “necessario”, perché ‘sta cosa dei neri, come definiva la questione della comunità afroamericana, il presidente proprio non riusciva a tollerarla.
Da alcune intercettazioni, si evince un Nixon antisemita, che aveva individuato un problema intrinseco nella natura degli ebrei: un desiderio di morte che li spingeva a fomentare l’antisemitismo. Per il presidente americano, gli ebrei erano “persone molto aggressive, irritanti e odiose”; tuttavia, gente “capace”.

E ne aveva anche per gli italiani; in una conversazione con il consigliere Charles Conson, Nixon avrebbe detto definito gli italiani “un popolo meraviglioso, ma che non ha la testa ben avvitata. Non sono…ecco, non sono come noi. La differenza sta nell’odore diverso, nell’aspetto diverso, nel modo di agire diverso. Dopotutto non si possono rimproverare. Oh, no. Non si può. Non hanno mai avuto quello che abbiamo avuto noi. Il guaio è che non ne riesci a trovare uno che sia onesto”.

Nel 1987, in una lettera indirizzata a Donald Trump, Nixon scriveva:”Caro Donald, la signora Nixon mi ha detto che sei stato magnifico durante il Donahue show. Come puoi immaginare, lei è un’esperta di politica e prevede che, nel caso decidessi di correre alla presidenza, vincerai! Cordiali saluti, sinceramente, Dick”.
Con qualche decennio di ritardo, ma la profezia si è avverata.
 
di Antonella Gioia