Avvicinandosi le festività natalizie, le scuole di Trento stanno organizzando eventi per celebrare il Natale ognuna a modo suo. Il caso dell’Istituto Comprensivo Trento 6 è certamente particolare, avendo preparato un videoclip per una canzone.
Il brano, dal titolo “Altalena“, è corredato dalle immagini dei bambini della scuola che stanno giocando in un parco. Il testo, apparentemente molto semplice, presenta passaggi molto delicati. “Portami su, portami giù / portami via da chi mi dice che / che questo gioco non è per me / io sto occupando un posto che / che deve essere di qualcun altro / che deve essere di un bimbo bianco” è la strofa iniziale, con un chiaro riferimento al tema del rispetto di tutti, nello spirito della solidarietà.
“Portami avanti, portami indietro / tienimi lontano da quel tempo in cui / in cui soltanto chi era alto e biondo / poteva avere un posto in questo mondo / che deve essere di tutti quanti / io ne son degna quanto tutti gli altri” recita la seconda strofa prima di parlare di non portare sull’altalena le parole di “chi divide” e “chi mi esclude“.
Il video della canzone, pubblicato sul sito dell’istituto comprensivo è corredato da un messaggio, firmato dalla Dirigente scolastica ovvero la Professoressa Paola Pasqualin. “I bambini conoscono i loro diritti e ne sono testimonianza attiva ogni giorno” afferma la dirigente, specificando poi che sono piuttosto gli adulti a dimenticarsi non solo dei diritti, ma anche dei doveri che ciascun diritto richiama. “L’altalena – continua la dirigente – vuole essere un modo per ricordare ciò che si deve fare sempre con tutti“, sottolineando la metafora dell’alternanza tra il “su” e il “giù” intesa come scambio di diritti e doveri. “L’altalena vuole essere l’augurio affinché ciascuno di noi contribuisca alla propria e all’altrui felicità” conclude la Pasqualin.
Tuttavia sembra non essere così evidente il richiamo all’alternanza nella scelta dell’altalena come simbolo di questa canzone. Subito dopo le elezioni provinciali, infatti, la neo-eletta Katia Rossato aveva rilasciato al quotidiano L’Adige un’intervista nella quale la consigliera sosteneva che non ci fossero problemi gravissimi nel quartiere Vela, dove lei risiede, ma evidenziava qualche malumore, dovuto al fatto che i figli dei profughi residenti nel quartiere avessero occupato posti che prima erano destinati ai figli dei residenti locali.
“Si piazzano al parco, utilizzano tutte le panchine e i bambini rimangono sui giochi, tipo l’altalena. Si sono appropriati dei nostri spazi ed è come se quel posto fosse loro, agli altri non è permesso divertirsi” sosteneva la Rossato, sottolineando però come la “colpa” non fosse da cercare assolutamente nei bambini, quanto piuttosto in chi ha creato una “corsia diversa” per i figli degli stranieri rispetto a quella tradizionale, condita anche da corsi speciali. La Rossato ha inoltre sostenuto che l’arrivo di famiglie di profughi fosse stato un “piccolo trauma” ma sicuramente preferibile all’arrivo di ragazzi giovani, che avrebbero probabilmente minato l’equilibrio sociale della zona.
Alla luce di quanto detto dalla Rossato – in quella che voleva essere una denuncia di non avere sufficienti spazi per tutti, piuttosto che un mero attacco di razzismo – sembra inevitabile collegare l’altalena e le accuse di violazione dei diritti alle dichiarazioni della consigliera. Oltre al fatto che non sembra consono schierarsi contro una singola persona, che ha anche più volte cercato un confronto per spiegare meglio la sua intervista, bisogna considerare che nella stessa scuola è iscritto il figlio della Rossato. Un coinvolgimento personale che porta a rendere la situazione invivibile per la madre ma soprattutto per il bambino.
Se allora si parla “diritti” dei bambini, si tutelino anche quelli del figlio della Rossato e lo si lasci fuori dal dibattito politico. Che, alla sua età, è molto meno interessante rispetto a dondolarsi per un po’ su di un’altalena.
Riccardo Ficara Pigini