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Pensieri in Libertà

La destra punti alla questione sociale per arrivare a quella identitaria

Il dibattito sull’attualità delle categorie “destra /sinistra” va a parare sull’essenza stessa della destra e sui mutati scenari. Nata come pensatoio della destra, L’Officina ha sempre affrontato queste tematiche nell’intento di elaborare proposte finalizzate allo sviluppo di quest’area, specie oggi che ha la prospettiva di accedere al governo del paese. 
Abbiamo sempre convenuto, pur riconoscendo l’obsolescenza di tali categorie di fronte ai nuovi assetti mondiali, che sono ancora necessarie nella comunicazione politica. Ragione per la quale tutti continuano ad utilizzarle. 
Ciò non toglie però che a “destra” qualcosa vada “registrato” in una nuova prospettiva politica. 
Oggi Lega FdI coprono tutta l’area che prima era del centrodestra. Il drastico ridimensionamento di FI corrisponde anche alla sparizione del “centro”, luogo politico del non essere né di destra né di sinistra o di calcolo finalizzato al potere per il potere.
Ma non è questo il punto.
Fatto salvo tutto il suo bagaglio valoriale ed ideologico, alla “destra” si presenta l’occasione storica di andare ad occupare lo spazio lasciato vuoto dalla “sinistra” rivolgendosi a tutti quelli che non si riconoscono più nei partiti eredi del marxismo che, caduto il muro, hanno optato per la difesa dei “diritti umani” piuttosto che per quella dei diritti delle classi più deboli o – horribili dictu!- si sono venduti al grande capitale.
Nel dna della destra c’è una massiccia presenza di geni sociali o socialisti che dir si voglia. La destra italiana nasce “sociale” come il “Movimento” che l’ha fondata. E’ una peculiarità di cui andar fieri e che FdI deve mettere a frutto perché è la chiave di volta che ci permetterà di sfondare sia là dove c’era la sinistra, sia nel mondo cattolico che ha una dottrina sociale compatibile.
A questo proposito giova leggere lo stralcio di un’intervista di Alain de Benoistrilasciata al giornale online “Barbadillo”.
“In molte persone di destra, il senso della giustizia sociale assume una visione generica. Vogliono difendere la nazione, ma in ultima analisi, si preoccupano molto poco del popolo. Non hanno ancora capito che il capitalismo è intrinsecamente mondialista, in quanto esige l’abolizione delle frontiere (“lasciar fare, lasciar passare!”), che in ragione della sua propensione all’illimitatezza non può esistere senza rivoluzionare costantemente le relazioni sociali né vedere nelle identità nazionali ostacoli all’espansione del mercato globalizzato, che il modello antropologico del quale è portatore (quello di un individuo che pensa permanentemente a massimizzare il proprio vantaggio) è espressione del liberalismo economico, come del liberalismo sociale, e che l’assiomatica dell’interesse e la macchina del profitto sono i pilastri della dittatura dei valori mercantili.” 
“ (…)è lavorando sulla questione sociale che si arriva alla questione identitaria”

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