Ce l’ho, ce l’ho, manca… Alzi la mano chi non l’abbia detto almeno una volta nello scambio delle figurine Panini, collezionate da noi ragazzi, per riempire il mitico album dei calciatori. Quando giocava Vialli nella Sampdoria non ero più un ragazzino, seppure in cuor mio avrei continuato la collezione se non m’avesse frenato la vergogna per l’acquisto, sopperii alla débâcle dell’età tramite mio figlio Manuele, imberbe studentello delle Elementari nonché sfegatato juventino tant’è da farmi pensare se fosse stato frutto di un corno per me milanista nella mente e pisano nell’anima.
Babbo, mi hai comprato le figurine? Il mondo non gira mai al contrario riportando sempre il passato al presente, repetita iuvant direbbe chi mastica latino, lo dicevo io quando rientrava a casa mio padre, continuò nella laica implorazione Manuele con me. Certo che ce l’ho! Ne ho prese 20, rispondevo soddisfatto. Nel tempo che ritorna però m’accorgevo come non tenga conto l’aumento dei prezzi, “ai miei tempi” costavano 10 lire l’una, quando le acquistavo per Manuele 100 lire. Negli occhi di mio figlio tutta la curiosità e la felicità di un bambino nell’aprire le agognate bustine, fin quando… Vialli, babbo, Vialli! Era la figurina del Campione, le quali gesta potevamo vederle soltanto attraverso la TV, non era solo la immaginetta mancante ma bensì quella del Campione, capite la differenza? Gianluca Vialli fu un campione assoluto.
Mi fa strano scrivere al passato remoto su chi ho ammirato le gesta sportive, ma ancora più strano è la consapevolezza che ci abbia lasciato, Lui capace di farci divertire nei rettangoli di quel gioco capace d’innamorare. Fu vera gloria, per dirla alla Manzoni, lo fu nella sua Cremona ed ancor più alla Samp di Paolo Mantovani dove, insieme a Mancini ed altri campioni come Vierchowod, vinse uno scudetto irripetibile per quei colori e raggiungendo, l’anno successivo, la finalissima per la Coppa dei Campioni persa contro il Barcellona. Quella coppa l’afferrò 6 anni dopo con la Juventus, poi fu la volta del Chelsea, e poi e poi…
Chi l’ha conosciuto ripete che possedesse un carattere gioviale ma pur rimanendo nell’umiltà tipica della gente della Bassa, come campione, non stava nelle grazie ai soloni dei salotti radical chic. A Italia 90 non gli perdonarono la frase presa in prestito dai da John Belushi dei Blues Brothers, quando il gioco si fa duro i duri scendono in campo, attaccandolo in nome e per conto di chissà che pure per un presunto flirt con la Parietti. Il buon Vicini, colui capace di preferire un Giannini a Baggio ed un Ferri al posto dello zar Vierchowod con un Mancini che non giocò nemmeno un minuto, lo confinò in panchina. Come andò a finire Italia 90 lo ricordiamo bene: mia tua, mia tua, tra Ferri e Zenga, goal di Caniggia e tutti a casa. Non dovettero neppure fare tanti chilometri visto eravamo noi gli organizzatori, ed i favoriti, del mondiale. Una coppa non meno prestigiosa, quella Europea, Vialli l’ha alzata a Wembley due anni fa insieme all’amico di sempre, Roberto Mancini. Ecco, così voglio ricordarti, Campione. In quell’abbraccio intriso di lacrime dove, per l’ennesima ma ultima volta, riuscisti a fare esultare tutti gli italiani. Quella sera piangemmo con te. Anche oggi, in questa giornata di grigia epifania, non riusciamo a trattenere una lacrima. Buon Cielo, Campione.
Firmo questo articolo pensando come siano troppi, i calciatori, morti in giovane età. In questi giorni ci siamo addolorati per la scomparsa di Sinisa e Vialli, ma non possiamo dimenticare altri nomi deceduti in seguito a malattia: da Borgonovo a Signorini, Lombardo, Frustalupi, Paolo Rossi… Nella Fiorentina degli anni 70 sono più le Croci dei sopravvissuti, tra loro un mio amico d’infanzia, Massimo Mattolini. Non può essere tutto legato al destino Qualcosa successe, qualcosa è successo come dichiarò la vedova di Beatrice al giudice torinese Guariniello. Questo gioco capace di farci innamorare esca dalla vertigine maligna dei laboratori chimici. Noi tifosi vogliamo amare i nostri campioni, non pregarli.
Marco Vannucci