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Il Post-It di Marco Vannucci: Caro Direttore, su Sanremo ti scrivo che…

Direttore, sto invecchiando! La decadenza degli anni l’ho provata ieri sera come una frustata improvvisa. Lo ammetto: brucia, ma non solo brucia: fa pure male!

Ti spiego: ieri sera, confesso, come immagino milioni di italiani ho seguito Sanremo in TV. Non biasimarmi, sono un figlio della mia generazione, ovvero di coloro in attesa della kermesse canora già mesi prima dell’esibizione. Sai? Ognuno di noi aveva già il suo vincitore. Seppure alla fine fosse arrivato ultimo era sempre il primo nella mente. Così fu per Vasco Rossi, per esempio, per la sua straordinaria “vita spericolata”. Sto invecchiando. Come mio padre dissacrò Vasco the Blasco, esaltando il suo Claudio Villa, ieri sera è toccato a me.

Non fraintendermi, direttore, stavolta non mi divulgherò nel criticare la solita zuppa del giullare sinistro, ossia di quel Benigni strapagato per fracassarci i marroni. Il soggetto lo conosciamo, ripete sempre la famosa frase di Voltaire (non sono d’accordo con le tue parole, ma… bla, bla bla) quando la sinistra sta all’opposizione. Un personaggio ai limiti del patetico. Fu pagato per difendere la Costituzione, quando il centrodestra avrebbe voluto modificarla, ri-pagato, pochi anni dopo, per lanciare strali di perplessità sulla Costituzione quando fu la volta del centrosinistra per cambiarla. Ieri sera, la marionetta, s’è esibito con la solita enfasi ed il medesimo sudore sceso copioso dalle radici dei pochi capelli, per la difesa del diritto di espressione. Qualcuno abbia il buon senso di ricordargli che, quel diritto, rimane sacrosanto. Diversamente, sul palco sanremese, non sarebbe salito. Con i nostri soldi, lasciami aggiungere.

Abbandono Benigni nei suoi profumatamente pagati deliri per dirti, direttore, quanto mi sono sentito fuori luogo, ieri sera, davanti allo schermo. Già la presenza della influencer Ferragni, per l’occasione in abito osé, mi ha fatto riflettere sui punti di riferimento generazionali. Seppure, la Ferragni, sia seguitissima da milioni di fallowers (Lo scrivo così, direttore, oggi chi non scimmiotta nella lingua della perfida Albione è considerato un fallito) per la sua indubbia capacità imprenditoriale facendo leva sulla miseria mentale altrui, è altrettanto indubbio come sia considerata una bellezza moderna…

Che dire, direttore? Paragonarla ad una Dalila di Lazzaro oppure a Zeudi Araya, ambedue icone della mia giovinezza, dai, direttore, il paragone diventa impietoso. Fosse qui mio padre, per buona pace di mamma, avrebbe tirato fuori una fotografia di Virna Lisi sbattendomela sul viso ed avrebbe vinto per distacco. Lascia che aggiunga come Charles Darwin, inerpicandosi in un confronto tra le dame elencate, scriverebbe il seguito del suo famoso saggio, però cambiando il titolo: la decadenza della specie. Per l’esibizione (definiamola così, un’esibizione non si nega a nessuno) di Blanco, cosa vorresti che aggiunga? Lui ha spaccato tutto perché non sentiva la sua voce, io avrei rotto il televisore per averla ascoltata.

Alla prossima, direttore, al proposito: perché dobbiamo pagare pure il canone?

Marco Vannucci.