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Attualità Post-it Vannucci

Il Post It:  In difesa di me stesso.

A quel ragazzo arabo, intervistato da un TG Mediaset durante il corteo pro Palestina svolto a Milano, il quale con veemenza risponde all’intervistatrice scandendo le seguenti parole: abbiamo il diritto di difendere la nostra terra! Se fossi stato presente avrei risposto: Pure io vorrei difendere la mia terra italiana, ma tant’è…  

Ci risiamo!

La striscia di Gaza è tornata in fiamme e con essa la minaccia di una guerra più ampia ben al di là del confine israeliano-palestinese. Trovare chi sia dalla parte della ragione sarebbe come chiedere se è nato prima l’uovo o la gallina, mi astengo da questo enigma rifugiandomi in una frase tratta da Barbara, la poesia di Prevert: que gran connerie c’est la guerre. Che cazzata è la guerra. Cazzate in nome di un Dio tirato in ballo per la bisogna o di un pulviscolo di terra rispetto all’Universo. Che Israele abbia il sacrosanto diritto di difendersi, nessun dubbio! Ma sappia, il Popolo amico ebraico, quanto questa sia una guerra annunciata dal fuoco covato per lungo tempo sotto la cenere. Di fronte ad un ebreo mi tolgo il cappello nel rispetto del suo passato calpestato fin dagli albori, ma non posso esimermi nel puntare l’indice accusatore sulla goduta impunità per avere oppresso per decenni il popolo palestinese. Pacta sunt servanda, i patti vanno rispettati, ma sia l’ONU che compagnia cantante si sono guardati bene nel concedere il loro diritto di avere una moneta loro o di essere un Paese sovrano, il diritto di uscire da Gaza e di non vedere la Cisgiordania territorio occupato senza ragione alcuna.

Ogni soluzione diplomatica, compresa la famosa stretta di mano tra Arafat e Rabin, avvenuta a Washington il 14 settembre 1993 di fronte ad un compiaciuto Bill Clinton, s’è andata a farsi benedire con l’occhiolino degli Stati Uniti e di buona parte dell’Occidente. Trovare oggi una soluzione diplomatica la vedo più difficile di scalare l’Everest a piedi nudi ed in costume da bagno, semplicemente perché manca un interlocutore attendibile a rappresentare la Palestina. Chi è Hamas? Nessuno. Hamas è soltanto un acronimo di un’organizzazione fondamentalista, su chi sia il capo e chi abbia dietro potremmo sbizzarrirci in mille ipotesi, ma per fermare una guerra abbiamo bisogno di ben altro. A Dova, in Qatar, vive e vegeta Ismail Haniyeh, da molti ritenuto il leader carismatico di Hamas, il quale fermenta incitando alla lotta non solo a Gaza ma in ogni parte dell’Occidente attraverso messaggi sui social.

Può fare strano, ma oggi la comunicazione avviene tramite internet per buona pace della mamma di Zuckerberg ed il papà di Bill Gates, così funziona e così è. Piaccia o non. I risultati della chiamata alle armi di Haniyeh non sono tardati ad arrivare, ne sa qualcosa la Francia ed il Belgio, quest’ultimo con l’atto terroristico di ieri sera con due morti ed un ferito grave. Al di là di qualsiasi considerazione ed andando oltre le facili interpretazioni dobbiamo metterci in testa che dovranno passare centinaia di anni, millenni… chi sa? Prima di diventare un Popolo universale.

Fino ad allora noi siamo e saremo gli occidentali e loro gli arabi. Possiamo convivere? Certamente, ma come loro esigono difendere la loro terra, noi abbiamo il diritto dovere di salvaguardare la nostra e le nostre tradizioni. E la nostra identità, perché a furia di concessioni in nome di una Costituzione obsoleta la stiamo perdendo.

Ammesso e non concesso che l’abbiamo già persa.

Marco Vannucci