Tra mille notizie inutili, nel tourbillon degli auguri conditi ai pettegolezzi e corna delle teste coronate e parvenu vari, leggo un flash dell’agenzia ANSA da lasciarmi inebetito. Il fatto: una coppia residente nella provincia di Napoli, vedendo la figlia di tre mesi respirare a fatica, decide di chiamare l’autoambulanza. Il mezzo di soccorso tarda ad arrivare ed i genitori, in preda al naturale timore per la bambina, decidono di caricare la loro piccola in macchina per portarla al più vicino ospedale.
Arrivati all’ospedale di Boscotrecase (Napoli), hanno l’amara sorpresa che il nosocomio non abbia più il pronto soccorso. Padre, madre e figlia, vengono dirottati all’ospedale di Castellamare di Stabia ma prima del loro arrivo, la bambina, spira tra le braccia della madre. Dalle prime notizie pare che la morte sia avvenuta per una bronchite acuta. Se fosse così sarebbe stata sufficiente una semplice iniezione di antibiotico per scongiurare la tragedia. Ed io mi chiedo: visto la gravità della situazione, i medici o gli infermieri di Boscotrecase, perché non sono intervenuti? So bene che una legge demente impone l’obbligo dall’accettazione al pronto soccorso all’interno del quale, il medico di guardia, assume la decisione di un eventuale ricovero, nonché in quale reparto a seconda del caso. Questo recita una legge cretina mentre, ai genitori, altro non resterà di recitare una preghiera. Non è il primo caso e non sarà nemmeno l’ultimo, ma la legge deficiente rimane. Come deficiente chi la partorì rimane, ad imperitura dannatio memoria.
Cambio argomento per esprimere la mia simpatia per l’ingresso, tra i collaboratori esterni di questo giornale, del dott. Marco Affatigato, il quale ha già inviato alcuni articoli sinceramente degni di un’attenta lettura e riflessione. Chi scrive, Marco, lo conosce bene. A cavallo degli anni ’80 era quasi una quotidianità stare seduti al solito tavolo in un ristorante di Lucca, “Celide”, dove consumavamo squisiti manicaretti usciti dalle sapienti mani della moglie del titolare Frediano, ma “Nano” per tutti, per poi inerpicarci nei più svariati argomenti della politica italica. Marco stava vivendo un periodo particolare della sua esistenza per avere commesso un fatto, del quale ne parlava la cronaca internazionale di tutte le testate del pianeta, una celebrità al contrario, per farla breve. Una scelta, quella di Marco, dal sottoscritto mai condivisa ma lungi da me nel giudicare, piuttosto cercavo di capire le motivazioni per le quali un ragazzo poco più che ventenne (eravamo ambedue molto giovani) abbia potuto uscire dalle righe in maniera dirompente. Per quell’accaduto, Marco Affatigato, ha pagato fin troppo privando la sua vita della libertà per lunghi anni. Come ho già scritto non ho mai giudicato Marco, ma rileggendo nella mente le sue parole di tanti anni addietro e ripensando alle nostre conversazioni dove illudevamo i nostri anni come due novelli Bombacci e Gentile, quelle frasi riemergono come una frustata. Per il mio pensiero gentiliano non gli darò mai ragione però negli anni ho capito come questa libertà sia solo un’illusione, e lo sarà finché vivremo in questo carcere a cielo aperto chiamato pomposamente democrazia. Con la nostra libertà di bestemmiare, la libertà di una burocrazia ottusa, di un medico dimentico del giuramento di Ippocrate.
Che il Cielo ti accolga in gloria, piccola partenopea, e perdona tutta questa nostra libertà.
Marco Vannucci