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Cultura

Dagli anni ‘70 ad oggi: come sono cambiate le serie tv e il modo di vedere la televisione

Oggi non esiste più la televisione di una volta. Con l’avvento dello streaming e con la possibilità di guardare e riguardare gli episodi su internet senza limiti, si dà per scontato quello che una volta non lo era. Negli anni ’70, per esempio, quando nella maggior parte delle famiglie esisteva un solo televisore e si litigava per accaparrarselo, non sempre si riuscivano a seguire tutte le puntate di quella serie tv che si stava seguendo con tanto trasporto. Erano i tempi di Charlie’s Angels, i Jefferson, l’ispettore Derrick, Colombo, la Casa nella Prateria, Happy Days, e più avanti, alla fine del decennio, Dallas, Chips, Hazzard. 

Poi, con gli anni ’80 sono arrivati i primi videoregistratori, che consentivano di registrare le puntate e di riguardarle in un secondo momento. Così, se ci si ritrovava fuori casa per lavoro o per un appuntamento dal dentista dell’ultimo minuto, si sapeva che quella puntata saltata non andava persa. 

A quei tempi, le serie tv erano per lo più costituite da episodi sconnessi tra di loro: le trame e le vicende dei personaggi avevano una conclusione alla fine di ogni episodio, e di solito si trattava di genere giallo/poliziesco o comico, con le risate in sottofondo.

Con il passare degli anni ha iniziato ad avere successo il format del colpo di scena alla fine degli episodi, con la continuità della trama e l’arrivo di nuovi personaggi in sostituzione di quelli vecchi, che lasciavano la serie. E’ il caso delle soap opera, originariamente nate per la radio, e traslate poi sulla televisione, come Dynasty, Sentieri, Beautiful, Melrose Place. Ci sono state delle serie tv che sono entrate nella storia della televisione non solo per la loro durata in termini di stagioni, ma anche per le tematiche che affrontavano.

La serie Baywatch (trasmessa dal 1989 al 2001), per esempio, è ispirata al lavoro dei guardaspiaggia sulla costa di Los Angeles e ha contribuito ad aiutare la gente a capire l’importanza della loro professione. 

Baywatch

Beverly Hills 90210 (trasmessa dal 1990 al 2000) è stata invece la prima serie televisiva a essere rivolta agli adolescenti, che affrontasse una grande varietà di tematiche, come l’alcool, la droga, il razzismo, l’anoressia, l’AIDS, il diverso background sociale, e che insegnasse valori profondi come l’amicizia, il rispetto per il diverso, la lealtà, l’uguaglianza. 

Gli anni ’90 hanno lanciato anche un genere televisivo che era stato già sviluppato negli anni ’60 con la serie Star Trek e che si era riproposto negli anni ’80 con Supercar: il genere fantascientifico. La serie X-Files (1993-2002) ne è stata la promotrice per eccellenza e ha ispirato varie serie successive, insieme a Streghe e Buffy l’ammazzavampiri. Nei primi anni ‘2000 questo genere prende vita anche nelle serie TV Smallville e Medium, esplodendo poi al giorno d’oggi soprattutto sui canali di streaming Amazon Prime e Netflix. Tra le più seguite, oggi abbiamo soprattutto Stranger Things, con effetti speciali sempre più realistici.

Oggi non solo si guarda sempre più raramente la televisione, ma tutti i telefilm che trasmettono in tv sono facilmente reperibili anche su internet in streaming, gratuitamente o pagando un piccolo abbonamento. Si potrebbe parlare di un vero e proprio consumismo di serie tv, dove tutte le puntate possono essere guardate a raffica, una dietro l’altra, senza più dover aspettare giorni o settimane. Come conseguenza, il mercato è così saturo di serie tv di ogni genere, facilmente reperibili su internet, che i personaggi e le trame stesse vengono altrettanto facilmente e rapidamente dimenticate. 

C’è così una vasta scelta, e c’è così una grande bramosia di vedere tutte le serie tv esistenti, che non si dà più realmente importanza a ciò che si guarda. In una società dove si è sempre più soli ed emarginati, dove i social, invece di unire, dividono, dove si sta meglio e più al sicuro a casa che fuori, non si fa altro che guardare serie tv. Non è più qualcosa che si fa per passare il tempo mentre si è a casa, ma diventa alla pari di un impegno vero e proprio. E se prima si stava molto attenti alle puntate in tv per paura di perdersi dei passaggi e non poterli rivedere, oggi si guardano con molta più leggerezza, consci del fatto che si può stoppare o tornare indietro. 

Perché tutti si ricordano di Mitch, il guardaspiaggia di Baywatch, o di Dylan Mckay, il bel ragazzo tormentato di Beverly Hills, o di Willy, dell’omonima serie Willy il principe di Bel Air, così come di Ross, Phoebe, Joy, Rachel, Chandler e Monica di Friends e delle risate che hanno strappato ad un pubblico sempre più vasto, mentre in pochi si ricordano i nomi dei personaggi della serie appena finita? Perché ci si ricorda benissimo dei titoli delle serie TV degli anni ’80 o ’90, mentre a malapena ci si ricorda il titolo della serie che si è visto il mese scorso? Ci sono episodi così divertenti di Sex and the City che anche a distanza di anni vengono ricordati, o episodi così toccanti di OC che restano nel cuore e nella memoria (come la morte di Marissa). Dell’infinità di serie che ci sono oggi, cosa e quanto ci resta davvero impresso?

Cos’avevano, quindi, quelle serie tv del passato rispetto a queste del presente che non hanno? Qual è la vera differenza? Abbiamo barattato la quantità alla qualità, o è solo l’effetto della nostalgia per quegli anni?

Melissa Toti Buratti

Riguardo l'autore

melissatotiburatti

Classe 1994, laureata in lingue, particolarmente attiva su Tik Tok con temi riguardanti l’equilibrio vita-lavoro.