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Attualità

L’opinione: serie televisive e videogiochi; sappiamo difendere i nostri figli?

L’esposizione dei nostri adolescenti a serie televisive e giochi video d’una crescente violenza non è senza conseguenze e lo vediamo nelle nostre strade.

Quante sono le serie televisive con comportamenti violenti, sadici, di bambini e bambine, di adolescenti, di studenti e studentesse che poi vengono «ripresi» nella realtà? Molti, se non «issimi». E lo vediamo proprio nelle strade e piazze delle nostre città, come anche in questi ultimi giorni. Come è possibile che vengano «richiamati» i genitori alla vigilanza quando chi di competenza non vigila sui programmi che vengono trasmessi dalle reti televisive o su prodotti commerciali come i video giochi diretti soprattutto agli adolescenti?

Io non voglio, e non è il mio obiettivo, richiedere di «vigilare» con la censura sugli scenari di queste serie televisive, ma la questione primaria che si pone è di sapere se l’esposizione a delle immagini violente e di violenza gratuita, a degli atti di crudeltà via una fiction filmata ha oppure non ha delle ripercussioni sulla «salute mentale» dei nostri figli, dei bambini e bambine, degli adolescenti e sulla «salute sociale» del mondo giovanile. Se questo è il caso allora dovremmo, noi adulti, domandarci quali misure prendere per tutelare la salute mentale dei nostri figli e chi governa quali misure prendere per tutelare la salute sociale del mondo giovanile.

«Game of Thrones», «The Waling Dead», «Ash vs. Evil Dead», «Squid Game» tutte queste serie televisive portano sempre la sigla «16+», cio’ che vuol dire che per coloro che non hanno sedici anni la visione non è raccomandata. Eppure anche per coloro che hanno +16 i livelli di violenza di queste serie e giochi è molto intensa. I personaggi sono sistematicamente torturati e assassinati solo per il piacere sadico degli sceneggiatori, gli adulti hanno relazioni sessuali senza tabù e spesso con scene di violenza sessuale dove le donne vengono violentate e picchiate, l’uso di droghe è normalizzato, come anche i furti, le rapine. Quali esempi? Perché siamo arrivati a permettere questo? Cosa possiamo attenderci da bambini e adolescenti che guardano per decine di ore queste scene di violenza, di crudeltà, di comportamenti a-sociali e di sessualità brutale? Quello che poi accade nelle nostre strade e forse anche nelle nostre case. All’uscita o all’entrata delle scuole si vedono «gruppi» di adolescenti raggruppati a vedere video che mostrano torture o scene di stupri collettivi e che poi si «scambiano» via la rete e, a volte, sono proprio loro i protagonisti. Sono questi i divertimenti che la «società mediatica» offre ai nostri adolescenti?

Eppure gli effetti di questa «violenza dietro e dentro lo schermo» sono conosciuti da tempo, sono studiati dal momento in cui è stata introdotta la televisione nei focolai domestici. Esistono centinaia di «studi» ben documentati su questo soggetto. Studi che ci ricordano i principali effetti: un aumento del livello di aggressività verbale e fisica, una desensibilizzazione circa la violenza, una qualità del sonno degradata con la conseguenza automatica di disturbi dell’attenzione e una riduzione dei risultati scolastici. Poi questo si riversa sul terreno, scuole e vita in strada dove gli insegnanti e gli adulti ma anche le autorità pubbliche non hanno più il rispetto loro dovuto. Senza parlare delle risse fisiche quotidiane, del bullismo e cyber-bullismo.

Ma se noi, adulti, tolleriamo così facilmente questi effetti «a-sociali» è per ignoranza ma anche perché subiamo, anche noi, gli effetti di questa desensibilizzazione. Abituati a dei livelli di violenza numerica mai raggiunta prima, perdiamo la nostra capacità di empatia poiché, alla lunga, anche i nostri cervelli si sono abituati e hanno bisogno di una dose giornaliera sempre più forte di adrenalina.

Per concludere, il paradosso è che l’egemonia del «capitalismo liberale» ha reso impossibile qualsiasi controllo di Internet da parte di chi governa. Questo controllo è possibile sono nei paesi… non democratici.

Un esempio? Il governo cinese ha limitato a tre ore per settimana l’accesso ai giochi video in linea per i minori, TikTok é limitato a 40 minuti al giorno per i meno di 15 anni, Netflix è vietato.

Il colmo? E’ proprio nei paesi totalitari che la gioventù sembra essere oggi protetta nel modo migliore dalle derive del «digitale».

Marco Affatigato

Riguardo l'autore

Marco Affatigato

nato il 14 luglio 1956, è uno scrittore e filosofo laureato in Filosofia - Scienze Umane e Esoteriche presso l'Università Marsilio Ficino. È membro di Reporter Sans Frontières, un'organizzazione internazionale che difende la libertà di stampa.

Nel 1980 la rivista «l’Uomo Qualunque» ha pubblicato suoi interventi come articolista. Negli ultimi anni, ha collaborato regolarmente con la rivista online «Storia Verità» (www.storiaverita.org) dal 2020 al 2023.