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L’opinione: Leggere “il Capitale” di Marx senza essere comunisti

Nel mondo della politica e dell’economia «Il Capitale» di Karl Marx è un libro classico molto citato ma che viene dato per letto senza però, invece, che molti se ne siano presa la briga. Fa come essere «intellettuale» sostenere averlo letto. Del resto è così anche per il libretto rosso di Mao. Però , quando si chiede lumi al presunto lettore , egli riferisce di «un libro» quando , nella realtà, «Il Capitale» è composto da tre volumi. Attenzione però che Karl Marx pubblicò solo il primo volume; gli altri due vennero pubblicati dopo la sua morte.

Per fare un po’ di ordine é bene ricordare qualche data: Marx nacque a Treviri (Germania) nel 1818; il primo libro «Il Capitale» uscì nel 1867, mentre gli altri due a cura di Friedrich Engels nel 1885 e nel 1894.

Permettetemi una domanda: voi, che avete aderito al mondo della politica, che fate attività politica oppure voi che avete aderito al mondo dell’economia e fate «politica economica», lo avete mai letto?

Certamente non è una «lettura scorrevole» ma… dovrebbe essere letto. La sua lettura esclusivamente ideologica è da addebitarsi alla «Guerra fredda» tra USA e URSS, durata dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla caduta del muro di Berlino nel 1989, ed ha contribuito a dividere il Mondo in due blocchi contrapposti: da una parte lo «impero sovietico», definito il «male» e dall’altra l’Occidente capitalistico libero e democratico, definito il «bene». Ma non è mai stato tenuto conto che il pensiero di Marx non è statico, anzi esso instaurò un «processo dinamico» anche per quanto riguarda il ruolo della rivoluzione che perorava ma successivamente, anche in seguito all’esperienza negativa della Comune di Parigi, immaginandola una transizione lenta dal capitalismo al socialismo. Come del resto sta avvenendo oggi con la Unione Europea.

Come bisogna dare a Cesare ciò che è di Cesare anche con Marx è opportuno se non proprio necessario dare a Marx quello che è di Marx, a Lenin quello che é di Lenin, a Stalin quello che è di Stalin e a Gorbačëv quello che è suo.

Marx è stato danneggiato dai suoi seguaci ma anche dai suoi commentatori, sia entusiasti sia denigratori. Oggi «Il Capitale» è da leggersi in quel processo dinamico che ha portato le democrazie occidentali, finora basate sul suffragio universale per l’elezione del Parlamento, a far esautorare il Parlamento dalle multinazionali che detengono il potere reale.

Allora come difendendosi? Andare oltre rispetto alla partecipazione dei lavoratori agli utili e alla gestione dell’impresa, già invocata e attuata ai tempi della Repubblica Sociale Italiana, nel 1944 per poi essere «cassata» dalla Repubblica italiana con le sue prime ‘’leggi abrogative’’ ma successivamente «ripresa» , negli anni novanta del secolo scorso dalla Triplice sindacale; andare oltre con l’estensione del suffragio universale (potere fondato sul consenso), dalla scelta dei Parlamenti alla scelta dei membri dei Consigli di Amministrazione delle multinazionali.

Ecco perché Marx dovrebbe figurare più come filosofo che economista. Questo poiché la sua metodologia era incentrata non tanto sulla dialettica, quanto sulla «contraddizione». Ma non quella logica che può farci dire che quel barboncino bianco è nero, bensì sull’ambivalenza esistenziale che ci fa dire: odio e amo contemporaneamente e mi tormenta.

Sembra così, infine, che Marx arrivò a dire «Io non sono marxista».

Marco Affatigato

Riguardo l'autore

Marco Affatigato

nato il 14 luglio 1956, è uno scrittore e filosofo laureato in Filosofia - Scienze Umane e Esoteriche presso l'Università Marsilio Ficino. È membro di Reporter Sans Frontières, un'organizzazione internazionale che difende la libertà di stampa.

Nel 1980 la rivista «l’Uomo Qualunque» ha pubblicato suoi interventi come articolista. Negli ultimi anni, ha collaborato regolarmente con la rivista online «Storia Verità» (www.storiaverita.org) dal 2020 al 2023.