Stavo pensando che ogni anno si commemorano Falcone, Borsellino e gli agenti delle loro scorte assassinati dalla Mafia….e poi? Poi solo pochi magistrati inquirenti e uomini/donne delle forze dell’ordine, la combattono ogni giorno.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono diventati un simbolo di come la mafia, per perseguire i suoi interessi, non si fermi davanti a nulla, anche alzando il livello della ferocia al punto da uccidere dei magistrati. E questo è stato possibile grazie alla complicità di uomini/donne dello Stato. Così come è stato per il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa. Senza quella «complicità» non ci sarebbero state quelle «morti per Mafia», come tante altre. Ma, per ricordare una frase di Falcone, che viene, ciclicamente tirata fuori come se fosse una giaculatoria, «la mafia è nata da uomini e, come tutte le cose umane, se ha avuto un inizio deve avere anche una fine». Una frase che forse, nel momento in cui la pronunciò, Falcone non pensava nemmeno dovesse diventare una sorta di scudo che viene usato quando lo Stato abbassa la guardia davanti ad un fenomeno che, nonostante i colpi durissimi che ha subito, continua a dipanare la sua azione, alzando via via la qualità degli obiettivi e dimostrandosi capace di adattarsi a scenari nuovi e che, fino a qualche decina di anni fa, non sembravano poterle appartenere.
La «Alta Mafia», altra definizione spesso abusata, esiste perché quella originaria ha percorso velocemente la distanza criminale dai porti e pescherecci, dai pascoli e dagli abigeati siciliani per salire, via via, verso i reati legati agli stupefacenti e, in tempi più recenti, all’accaparramento degli stanziamenti pubblici. Questo grazie alla complicità delle così dette «persone perbene». Ed è così che la Mafia riesce ancora oggi ad essere devastante non perché gli organi dello Stato preposti a sconfiggerla non facciano il loro mestiere, ma solo perché essa ha saputo indossare le vesti dell’insospettabilità, mettendo da parte la violenza bruta e insinuandosi, con la forza della corruzione e dello sfruttamento, laddove c’è la sola cosa che le importi: il denaro. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che avevano modi e approcci diversi rispetto alla Mafia, e che forse sono troppo semplicisticamente accomunati in un identico modello investigativo, hanno incarnato il volto dello Stato anche quando sono stati lasciati da soli, come lo furono anche il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa e tanti altri uomini/donne delle Forze dell’Ordine, a combattere una guerra che era senza quartiere, come le loro morti e quelle delle persone che dovevano proteggerli hanno drammaticamente dimostrato. La Mafia nel tempo s’è fatta più furba, infiltrando le Istituzioni non seguendo il simbolismo dei riti di iniziazione e delle rappresentazioni pseudo-religiose, aprendo istituti finanziari, acquistando quote societarie di importanti aziende ed entrando nei consigli di amministrazione. Ma non ha certo perso la sua pericolosità perché, capendo che gli omicidi e le stragi alzano la reazione dello Stato, s’è fatta più insinuante, più subdola, ottenendo forse gli stessi risultati, ma non usando le armi se non quella di offrire a uomini/donne dello Stato quello a cui più ambiscono: il potere, aiutandoli a scalare, grazie alla manipolazione del voto, tutti i gradini necessari per sedersi laddove possono ”comandare”.
Ricordate coloro che sono stati assassinati dalla Mafia (ma anche dalla ‘ndrangheta e dalla camorra). Due sono le motivazioni: vengono assassinati perché «pericolosi per l’organizzazione» oppure perché «hanno tradito il patto con l’organizzazione». Certamente non è il caso, quest’ultimo, di Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa e di tanti altri.
Celebrandone il ricordo, io mi chiedo ma dovremmo chiedercelo tutti se Borsellino e Falcone e Dalla Chiesa potrebbero ora vincere quelle battaglie che per loro hanno avuto un esito tragico. Certamente lo Stato si è dato ulteriori strumenti e una classe di nuovi magistrati – talvolta, purtroppo, sedotti dalle regole della pubblicità e dalla ricerca di una immagine personale più visibile – si sta facendo strada, infliggendo alla mafia colpi durissimi, soprattutto in quella fascia di insospettabili: le così dette «persone perbene», i ”colletti bianchì’, di cui s’è dotata capendo che i soldi veri non si fanno più a sventagliate di mitra.
Il ricordo di Borsellino, Falcone, Dalla Chiesa e la purtroppo lunga lista di assassinati resterà tale non tanto se la magistratura potrà proseguire nella sua battaglia, ma se la società italiana imparerà a considerare la Mafia come un vampiro che persegue i suoi obiettivi e non ha paura di spazzare via chi cerca di impedirlo. Perché la sconfitta della Mafia deve essere la conseguenza di una rivolta morale, della presa di consapevolezza che questa guerra infinita può essere vinta solo se la gente capirà che il ricordo delle vittime della Mafia non è cosa da tirare fuori ogni anno, ma da coltivare tutti i giorni, per sempre nelle nostre scuole dove i giovani che costituiranno la nostra società crescono.
Marco Affatigato