Home » L’opinione: Giovanni Falcone e tutti gli altri servitori dei Cittadini assassinati e dallo Stato dimenticati
L'opinione

L’opinione: Giovanni Falcone e tutti gli altri servitori dei Cittadini assassinati e dallo Stato dimenticati

Stavo pensando a Giovanni Falcone , il magistrato, e una riflessione sulla sua morte e sullo Stato. Quello Stato che ha abdicato. Giovanni Falcone non è l’unico servitore dei cittadini assassinato e poi, dallo Stato, abbandonato. La lista è lunga e si potrebbe cominciare dagli anni sessanta per arrivare in quel periodo che viene chiamato gli «anni di piombo» per poi giungere a poco più di dieci anni fa. Ma per tutti loro ricordiamo Giovanni Falcone perché è impresso nella nostra memoria. Uomini e donne integri, servitori dei cittadini più che di quelle istituzioni che li hanno invece abbandonati quando non ne siano state mandanti occulti. Oggi, chiunque vada al vertice di quelle istituzioni , nazionali come locali, s’affrettano a ricordarli (e neanche tutti) quel giorno che la vita è stata strappata loro. C’è da domandarsi se lo facciano più per ‘’avere la medaglietta’’ che per effettivamente onorarli.

Ma come scrivevo sopra Uomini e Donne integri nelle nostre istituzioni esistono e, per fortuna, a tutti i livelli. Di loro, uomini e donne dello Stato, ammiravo (e tutt’ora ammiro) il loro coraggio e la loro intelligenza oltre che determinazione nel servire i cittadini… malgrado tutto ciò che li circonda. Ma la lotta era ed è inevitabilmente ineguale. Allora alcuni si arrendono, altri continuano finché non si viene a sapere della loro morte brutale mentre andavano a trovare la madre, come Paolo Borsellino.

Con il tempo che passa, ti rendi conto che non cambia mai nulla. Lo Stato abdica e dove l’autorità è assente, dove c’è il vuoto, non c’è più nulla da sperare. La Mafia (come le altre organizzazioni criminali più conosciute Camorra e ‘ndranghete, ma anche le nuove e più sconosciute, come quella nigeriana, cinese e russa) adora il grande vuoto. Lo riempie immediatamente; occupa il terreno e anche la mentalità. Si nutrono della disperazione, mentre lo Stato continua ad accumulare rapporti ministeriali che possono solo servire alle statistiche ma non alla gente e neanche ai servitori dello Stato che continuano a convivere con la paura più per i familiari che per loro. E così ognuno persevera nel proprio «essere integro e al servizio dei cittadini», che siano impiegati o servitori dello Stato che indossino una divisa, una toga o una fascia tricolore, sanza preoccuparsi delle conseguenze delle loro azioni.

Falcone, come anche Borsellino e sindaci e assessori e dirigenti pubblici e tanti altri, che citarli sarebbe giusto per la nostra memoria ma una lista troppo lunga per quanto voglio scrivere, appartenevano allo Stato e ne erano l’esempio di ciò che deve essere uno Stato. Si battevano contro uno «stato parallelo», invisibile ma presente in ogni nostra città e finanche nel più piccolo paese d’Italia, territori minati dal Male. Un Male che è presente anche nei maggior organi rappresentativi lo Stato. Quando avvenne la strage di Capaci ho cercato di capire: come è potuto avvenire ciò che era impossibile? Giovanni Falcone era l’uomo più sorvegliato d’Italia. Ma lo stesso interrogativo vale per Paolo Borsellino. Come sono potuti avvenire? Nessuno conosceva in anticipo i suoi (ma potrei dire i loro, pensando anche a Borsellino) spostamenti. Tuttavia, quel 23 maggio 1992, sulla strada che collega l’aeroporto di Punta Raisi a Palermo, Falcone venne assassinato, insieme alla moglie e a tre guardie della sua scorta di Polizia. In un cunicolo furono fatti esplodere 600 chili di esplosivo (più di un metro cubo). Eppure, nessuno sapeva che quel giorno sarebbe stato chiamato al ministero a Roma e che avrebbe poi immediatamente fatto ritorno a Palermo e nessuno sapeva il «percorso» stradale che avrebbe fatto e che quindi sarebbe passato di lì a quell’ora, sopra quel cunicolo. Allora tutte le domande hanno una risposta che vorrei rifiutarmi ma che è la più reale. Però nessuno ha pagato la loro morte, come d’abitudine. Salvo la manovalanza mafiosa.

Marco Affatigato

Riguardo l'autore

Marco Affatigato

nato il 14 luglio 1956, è uno scrittore e filosofo laureato in Filosofia - Scienze Umane e Esoteriche presso l'Università Marsilio Ficino. È membro di Reporter Sans Frontières, un'organizzazione internazionale che difende la libertà di stampa.

Nel 1980 la rivista «l’Uomo Qualunque» ha pubblicato suoi interventi come articolista. Negli ultimi anni, ha collaborato regolarmente con la rivista online «Storia Verità» (www.storiaverita.org) dal 2020 al 2023.