Abbiamo superato la boa dei quaranta e oggi sono quarantuno anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi (dopo Mirella Gregori).
Ci siamo già occupati della questione in un precedente articolo, dettagliato e disincantato rispetto alle versioni “vaticanofobe” portate avanti dall’inesausto fratello Pietro Orlandi, ormai scatenata rockstar che non tollera di sparire dalle copertine.
Sul canale di chi scrive le analisi della vicenda sono molte e affrontano ogni sfumatura della vicenda di Emanuela, svanita nel nulla il 22 giugno 1983 per un probabile errore di valutazione su qualche falso amico o persona a lei vicina: lo stesso “incidente” cui verosimilmente era andata incontro Mirella, il 7 maggio precedente.
Destinate all’oblio le due fanciulle, dopo l’archiviazione del 1997 per Emanuela e un nulla di fatto per Mirella, l’indagine sulla prima ragazza si riapre per una clamorosa telefonata fake alla redazione di “Chi l’ha visto?” nel 2005, aprendo all’ipotesi dell’ubiquitaria e filmica banda della Magliana: che avrebbe drenato e poi ucciso ragazzine per abietti usi, tenendole in frigo fino alla morte del supposto boss Enrico “Renatino” De Pedis nel 1990 e ficcarne i resti nel suo sepolcro in Sant’Apollinare. Da allora, sempre su pressione di Pietro Orlandi, si è vagabondato per tombe romane senza nulla reperire, se non cadaveri legittimamente sepolti o vecchie ossa.
Il mito tende a sgonfiarsi dopo le accurate ricerche del giornalista ( già Repubblica ed Espresso) Pino Nicotri, ex anticlericale pentito, che ci è tornato su lucidamente ( unico in un panorama di pseudo ricercatori) nell’aprile 2023 con il libro “Emanuela Orlandi, il rapimento che non c’è”: spazzando via tutte le fole su bande, servizi e Fassoni Accetti che vaga tra un flauto spacciato per quello della Orlandi e un confronto sceneggiato con il solito Pietro ( quest’ultimo, ricordiamo, pensionato IOR come pure sua moglie, e alloggiato da sempre in un comodo appartamento di proprietà vaticana, benché passi il tempo a inveire contro chi lo mantiene).
Da laici, non siamo interessati alla difesa di nessuno e men che meno di preti e monache, ma l’inquinamento ideologico cui la storia è soggetta ha finito per nauseare chi vuole davvero vederci chiaro.
Così fu che, a furia di insistenze del fratellone simil Claudio Baglioni (cantante preferito dalla sorellina), il Vaticano nel 2017, con modi anche decisi ( pare che qualcuno abbia preso il Pietro per la collottola benché egli si vanti di urlarle in faccia perfino al Papa), dopo la denuncia formale degli Orlandi che fino a quel momento s’ erano ben guardati dal farla nel LORO paese, la sede pontificia possa formalmente far uscire il fascicolo su Emanuela e, sorpresa: vien fuori un carteggio cifrato a seguito della segnalazione, nel 1978, di Natalina Orlandi, la maggiore della nidiata, ripresa poi – sembra – il 30 agosto 1983 dal suo fidanzato (futuro marito) Andrea Ferraris ai Carabinieri, secondo cui lo zio Mario Meneguzzi, marito di una zia paterna, insidiava pesantemente la ragazza allora ventunenne, le proponeva di fuggire insieme e altre imbarazzanti situazioni.
Ciò che Nicotri aveva reso noto da anni pian piano si fa strada, nonostante la feroce opposizione di Pietro Orlandi, ovvero: Mario Meneguzzi, impiegato di basso livello della Camera dei deputati ma vicino a qualche alto dirigente, invece di vegetare in un archivio, ha ottenuto la gestione della buvette di Montecitorio. Pare inoltre impegnato in una cooperativa edilizia con alcuni colleghi e gestisce una tipografia vicino a Piramide, dove verranno stampati gli ambigui volantini da affiggere per le strade di Roma, con una Emanuela da fascetta in fronte, inconsueta per chi avesse potuto incontrarla e riconoscerla.
Alla Camera lavora anche Natalina Orlandi ( lei si dice vincitrice di concorso, altri sostengono sia stata aiutata da zio Mario e dal suo potente capo Peruzy). Natalina era la segretaria del giurista Gianluigi Marrone ( scomparso nel 2009), consulente parlamentare: il quale in tale veste inviava le rogatorie sul caso Orlandi in Vaticano; e qui, come giudice unico, le respingeva ( fu lui a gestire il caso della strage del 1998 tra guardie svizzere). Di tutto ciò nulla si è mai saputo finché non lo ha svelato Nicotri.
Ma soprattutto Mario Meneguzzi era il portavoce degli Orlandi: trasferitosi subito armi e bagagli in casa loro, amico di un agente Sisde che devierà subito l’attenzione dei magistrati dalla sua persona, prenderà le prime telefonate di tale “Pierluigi” che, non ancora registrate, potranno essere riferite solo da lui, unico all’ascolto.
Gli Orlandi e il loro nuovo avvocato Laura Sgrò (mamma Orlandi, Maria Pezzano, per un periodo aveva avuto Ferdinando Imposimato, già legale di Alì Agca) indicono una conferenza stampa l’11 luglio 2023, durante la quale Natalina sarà costretta ad ammettere l’increscioso episodio, riducendolo a debolezza di un cinquantenne: ma allora perché il suo allora fidanzato Andrea, futuro marito, due mesi dopo la sparizione di Emanuela, si sarebbe premurato (fonte Nicotri) di renderlo noto ai Carabinieri, se erano passati cinque anni e tutto, secondo Natalina era “finito lì”?.
Ciò che ha colpito di più è stata l’ira funesta del Pietro, che si è prodotto in una intemerata col suo solito eloquio primordiale a base di “carogne” e “carognate”, non pago di aver accusato, mesi prima, papa Giovanni Paolo II di aver circolato di notte in cerca di adolescenti e il cardinal Casaroli di far raccolta di mutandine di “zingarelle”: il tutto senza prove, sempre per riferito di sconosciute fonti.
Da ultimo l’Orlandi furioso ha tirato fuori insignificanti whatsapp, così violando la privacy di una cifra di persone, che nulla rivelano; ma nel frattempo ha ottenuto la creazione della commissione parlamentare sui casi abbinati della sorella e della Gregori, inutile come altre in tema di cronaca nera, ma portatrice di gettoni di presenza a nostro carico.
La commissione, appena insediata, è già in crisi. Il figlio di Mario Meneguzzi, Giorgio, audito, ha affermato che la verità va cercata molto più vicino e non in cospirazioni planetarie: tesi che andrebbe contro non solo alle furibonde e strampalate teorie di Pietro ( dato da alcune voci in procinto di avvicinarsi al M5S e sostenuto sempre dal Fatto Quotidiano) e renderebbe ancora più tesi i loro rapporti, dopo le accuse di Natalina allo zio; ma confermerebbe quel filone amical/familiare deludente per i tifosi da curva, bercianti per anni contro un Vaticano che solletica i bassi istinti dai tempi di Dan Brown.
Infine la commissione, scettica anche sui fantomatici whatsapp esibiti dal discutibile portavoce degli Orlandi sempre impegnato in sit in coi cartonati della sorella, ha deciso di secretare le audizioni: alla faccia della trasparenza.
Di tutto questo fa le spese l’indagine su Mirella Gregori: figura che ha goduto di attenzione grazie all’improbabile abbinamento con la coetanea vaticana ma, come ricorda la sorella Maria Antonietta, è finita per diventarne “la coda”.
Fonti: Blitz Quotidiano
Canale: Carmen Gueye, libri cronache e ricerche