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L’opinione: appello ai filosofi, agli intellettuali, agli uomini e donne di cultura; svegliate l’Italia!

L’incultura è una caratteristica del nostro tempo, lo si nota anche dalla sciatteria lessicale con cui si esprimono gli stessi vertici dello Stato. E la classe intellettuale preferisce essere asservita. Un appello va rivolto, dunque, a quegli intellettuali dissidenti che non piegano la testa e che possono gettare le basi di una nuova Italia. Ricordatevi di Vaclav Havel, intellettuale e uomo senza potere, fece in Cecoslovacchia la rivoluzione di velluto.

Qualche tempo fa Marcello Veneziani ha voluto porre l’accento sulla distinzione tra governare e far politica, attraverso il paragone evocativo dell’antica Roma con la differenza tra il “potere consolare” utilizzato per le decisioni e i “tribuni della plebe” istituiti per la rappresentanza popolare. Abbiamo visto i cosiddetti “tecnici” al governo, sotto la direzione di vari Primi ministri, ultimo Mario Draghi, guidare i processi decisionali, mentre i politici, di qualunque colore, ridotti a meri tribuni della plebe. Si tratta di una situazione pericolosa ad alto rischio totalitario. Ma questo l’ho ripetuto in tutte le salse. C’è un terzo elemento, però, che a mio parere manca nella pur interessante analisi di Veneziani: il ruolo degli intellettuali, degli uomini e donne del mondo della cultura.

Oggi il livello culturale nella gestione della cosa pubblica ha raggiunto minimi mai riscontrati da quando si è costituita la repubblica. È quello che i tedeschi chiamano Zeitgeist, spirito del tempo, ed è un perfetto indicatore del periodo di Basso Impero che sta vivendo la nostra civiltà. L’assenza assoluta di idee, principi, valori, ideali, visioni e cultura sembra accomunare sia i consoli che i tribuni. A volte ciò emerge persino in maniera pacchiana con errori ortografici e refusi che raggiungono il

primato di atti amministrativi più sgrammaticato del mondo. Certo, non dubito delle capacità grammaticali e sintattiche dei signori prefetti, ma quelle circolari è il sintomo di una sciatteria, di una trascuratezza di un pressapochismo che è davvero sintomatico dell’attuale declino.

Se questo riguarda i consoli, la situazione è ancora più tragicomica per ciò che concerne i tribuni. Stendiamo un velo pietoso, per amor di Patria, sul livello culturale medio dell’attuale classe politica. Tolte, ovviamente, le rarissime eccezioni che servono solo a confermare la regola generale.

Ora, sarebbe interessante comprendere se, di fronte a questo disastro collettivo, una importante funzione potrebbe averla la classe intellettuale. Non mi riferisco, ovviamente, agli intellettualiá la page”, a coloro che utilizzano la cultura per servire il regime, ai pensatori prezzolati, agli ideologi del Pensiero Unico, ai luminari pretoriani del sistema, ai cantori del Principe. Grazie a Dio, in Italia esistono ancora delle menti e coscienze critiche che rifiutano di asservirsi al Potere. Persone come Veneziani, Cardini, Agamben, Cacciari, possono aiutare il nostro Paese ad uscire dall’attuale palude stigia? L’intelligenza può salvare l’Italia facendola emergere dalle tenebre dell’attuale buio culturale? Io credo di sì.

Non vale l’obiezione che i veri intellettuali dissidenti rispetto al regime non hanno potere, non hanno mezzi di comunicazione, non hanno armi, non hanno risorse finanziarie. La storia ha dimostrato che il pensiero può avere una forza sovrumana. Pensiamo all’esperienza di un uomo come Váklav Havel, il dissidente ceco diventato poi primo presidente della repubblica democratica cecoslovacca. Quest’uomo ha combattuto e vinto la dittatura comunista sovietica nel suo Paese con la sola forza delle idee e il coraggio della verità. Celebre è il suo saggio dal titolo sintomatico: “Il potere dei senza potere”. Uno come Havel, senza soldi, senza armi, senza mezzi di comunicazione, senza potere, appunto, è riuscito ad abbattere il regime con quella che fu definita «rivoluzione di velluto», ossia senza sparare un colpo e senza spargere una goccia di sangue. Quando gli chiedevano come avesse fatto, lui rispondeva semplicemente: «Con la forza delle idee e il coraggio della verità».

È nota una sua frase:

«Una parola di verità, anche se pronunciata da un solo uomo, è più potente, in certe circostanze, di un intero esercito; la parola illumina, sveglia, libera; anche la parola ha un potere: è il potere degli intellettuali».

Una bella lezione ai veri intellettuali italiani, ai quali forse vale la pena rivolgere un appello.

Salvate l’Italia.

Marco Affatigato

Riguardo l'autore

Marco Affatigato

nato il 14 luglio 1956, è uno scrittore e filosofo laureato in Filosofia - Scienze Umane e Esoteriche presso l'Università Marsilio Ficino. È membro di Reporter Sans Frontières, un'organizzazione internazionale che difende la libertà di stampa.

Nel 1980 la rivista «l’Uomo Qualunque» ha pubblicato suoi interventi come articolista. Negli ultimi anni, ha collaborato regolarmente con la rivista online «Storia Verità» (www.storiaverita.org) dal 2020 al 2023.