Le «cassette delle lettere», nel palazzo del ‘’Banco di Roma’’ in Via Pescheria n.2 a Lucca, dove ho vissuto i miei anni dell’adolescenza, entrando dal portone occupavano il lato frontale dell’androne, prima di montare le scale, dagli scalini alla francese.
Sulla targhetta portava il cognome di mio padre, quello stesso cognome che ormai da 68 anni porto con fierezza e che ho trasmesso ai miei figli e che porteranno, spero, con altrettanta fierezza anche se, a volte, può essere ingombrante ma senza bisogni di riscattarlo.
Non così invece nell’ultimo palazzo dove ho vissuto a Lucca, in via Mazzini al n.47. Li erano divise per scala e facevano pensare ad un alveare. A Sanremo, nel palazzo di via Galileo Galilei, invece, erano di forma allungata e strette, ognuna protetta da un vetro fumé e, in fondo, una piccola serratura, ma la maggior parte non erano chiuse a chiave. La mia sì. Il fatto che non è mai cambiato è che da molte sbucavano fogli delle pubblicità. Ce ne erano che i proprietari svuotavano ogni giorno e quelle, invece, che rimanevano piene per settimane, a volte mesi, con qualche foglio che usciva anche dalla feritoia. Sono convinto che il postino conoscesse a memoria ogni cassetta delle lettere da infilarvi la corrispondenza ad occhi chiusi.
Ma la quantità di posta ricevuta non è certo sinonimo di qualità, soprattutto poi se sono quelle ‘’lettere’’ che provengono dal Servizio Riscossione dei Tributi che, a volte ti dici, sembra lavorare solo per te per ricordarti che ‘’devi pagare un fiorino’’.
Una volta attendevi e trovavi cartoline provenienti da città visitate da amici e parenti, oppure la lettera della ragazza o del ragazzo conosciuti in vacanza, alcune simili a lettera d’amore. Le cartoline erano più spesse dei volantini pubblicitari, più lucide dei tagliandi gialli delle raccomandate non consegnate. Certamente erano perle rare e come perle che abbelliscono il collo della donna amata, abbellivano la posta ricevuta. Davano suggestione, suggerivano atmosfere, facevano sognare viaggi da fare e …perfino immaginare fughe. Oggi non è più così.
Oggi ci sono i selfie e gli sms inviati via WhatsApp e le cassette sono quasi sempre sgombre, salvo ricevere sempre le raccomandate del Servizio Riscossione dei Tributi o multe e qualche lettera raccomandata dell’Ufficio Tributi del Comune o di avvocati. E quando vedi che c’è posta è il cuore che ti salta in gola, non per una lettera d’amore ma per il timore di ciò che sarà.
Una volta le «cassette delle lettere» erano parte dell’attesa affascinante, oggi sono normalmente vuote e linde come se dentro non ci fosse mai stato niente e, fatto salvo della pubblicità indesiderata che continua a trovarvi ospitalità, quando vi è qualcosa è fonte di preoccupazione perché trovarvi una semplice lettera o, addirittura, una cartolina è una rarità, come una caccia al tesoro.
Il mondo moderno non ha più bisogno delle ‘’cassette delle lettere’’, come sembra non essere più necessario corteggiare una ragazza, una donna e quindi non vi è più bisogno di ‘’lettere d’amore’’, di appostamenti e attese, di occhiate compiacenti fintamente distratte e quasi penetranti, di sorrisi fuggenti. Figurati un bigliettino con una parola scritta a mano… che retrogradi.
Marco Affatigato