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Attualità

La banda della Uno bianca

La storia della “Banda della Uno bianca”, congrega assassina operante tra Bologna, Romagna e Marche dal 1987 al 1994, è ormai cristallizzata nell’opinione pubblica come una vicenda di servitori dello Stato infedeli (tranne uno), che, per avidità e delirio di onnipotenza seminarono terrore e morte fino all’arresto, dopo un’indagine a opera dei loro stessi colleghi. I fratelli romagnoli Roberto e Fabio Savi, leader del gruppo criminale, scontano tuttora l’ergastolo, senza benefici di sorta, ritenuti i principali responsabili di 24 omicidi, ferimenti, rapine, assalti a banche, caselli autostradali, supermercati, distributori di benzina e uffici postali.

Tuttavia in anni recenti l’associazione dei parenti delle vittime ha sollevato dubbi e perplessità riguardo alle ricostruzioni ufficiali, aprendo la strada a una rivisitazione, anche in sede giudiziaria, dell’intera vicenda.

Abbiamo così ripreso in mano la triste storia, scoprendo che, oltre alle normali discrasie che un cammino investigativo così complesso normalmente porta con sé, il finale decretato dalla giustizia presenta falle, mancate giunte tra episodi; e, soprattutto, difformità evidenti sulla radice sia della nascita e della progressione delle attività dei banditi, sia dello spunto che avrebbe condotto alla loro scoperta e agli arresti.

Questo è un compendio senza pretese di esaustività, attese le torsioni e contorsioni che hanno caratterizzato le indagini, compresi depistaggi mai chiariti e allusioni all’inazione del corpo di Polizia di quel territorio, dove quattro dei sei condannati operavano, senza che alcuno si fosse mai accorto della loro doppia vita. E’ una pagina oscura e forse troppo presto liquidata, tra l’imbarazzo istituzionale e pareri contrastanti fra gli stessi inquirenti.

Speriamo di essere riusciti almeno a tirare le fila.

Carmen Gueye