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L’invenzione del colpevole, il Simonino da Trento al cinema

L’invenzione del colpevole” è un docufilm di Luca Criscenti, prodotto da Land Comunicazioni e distribuito da Exit Media che in questi giorni è proiettato a Trento, il luogo in cui sono accaduti i fatti narrati.

Il documentario racconta la vicenda di Simonino da Trento, che dalla morte di un bimbo, si trasforma in una storia di odio antiebraico che dal 1475 ha attraversato i secoli e purtroppo anche i confini diffondendosi ovunque ci fossero comunità di ebrei.

Non era la prima, ma non sarà l’ultima in quel periodo difficile. Simone, un bambino di due anni e mezzo, scompare nel nulla il giovedì di Pasqua; tre giorni dopo viene trovato morto in una delle rogge di Trento, che sono molto numerose. Questa sarebbe sotto la casa di un noto ebreo che fa parte di una comunità di ebrei tedeschi, recentemente stabilitasi in città e mal tollerata da molti cristiani di alto borgo.

Del delitto è accusata la piccola comunità ebraica della città, perché la grata dietro cui pareva essere stato nascosto il corpo è sotto il laboratorio di questa famiglia, i cui membri vengono arrestati e messi sotto processo.

Naturalmente tutte le persone imputate sostengono la propria innocenza. Ed è evidente che per un moderno mancano il movente e anche non corrispondono i tempi di esecuzione. Sotto tortura, tutti i capofamiglia confessano un crimine che non hanno commesso.

Questo ritrovamento si presta a accusare gli ebrei di riti con il sangue. La tradizione di paura dell’ebreo è distante nel tempo; si pensi che nell’attuale Kiev, quando essa era il cuore della Russia, gli ebrei erano arrivati dalla Palestina, la loro patria tutt’ora negata assurdamente e da Babilonia. E già con le invasioni dei Mongoli si erano stanziati anche in Russia centrale, stimati dalla borghesia.

Il concetto del sangue, che ha una tradizione che dalle 12 tribù, ci porta dritti dritti a romanzi come Drakula a ideologie come i no vax scatenatesi senza controllo proprio durante la recente infezione del sangue per Covid19 e alla paura delle malattie, come emofilia, AIDS, è facile da trasmettere. Quanti hanno paura del sangue, tremano anche per un ridicolo prelievo? Ebbene. Si pensi a Hitler, come è riuscito a passare da ideologie italiane di meticciato (Faccetta nera) a ideologie del predominio della razza (Arianesimo) che è ancora collegato alla questione della chiesa (ariana) e noi spesso non ci pensiamo nemmeno. La ristrettezza di una recensione non permette di spiegare, ma meriterebbe fermarsi sei mesi a ragionare su questi feticci per liberarsi dei pesi ideologici inutili.

Il sangue – inteso come mezzo rituale – è stato spesso appioppato agli ebrei come sinonimo di sacrilegio e di blasfemia, perché alcuni riti antichi relativi al sangue di agnello, non venendo compresi in quanto scritti in antico aramaico, ebraico e greco e non in latino, erano per l’occidente spaventosi, specialmente l’unità del Cristo paragonato all’agnello, sono fatti che facevano molta paura e le persone ignoranti ci credevano, che gli ebrei usassero i bambini per ucciderli e per purificarsi nella Pasqua. E’ evidente che anche tutto il concetto di halakhah mette paura; le bestie sgozzate che urlano dalla trachea nel dissanguamento, non potevano che aumentare lo spavento. Da qui le accuse di tutto e di più, poiché gli ebrei askenaziti essendo migranti, non sempre si integravano con le popolazioni locali, ma spesso erano di passaggio.

Si parla di “omicidio rituale”, un’accusa che si va consolidando in Europa in quegli anni, e il processo si conclude con lo sterminio dell’intera comunità ebraica di Trento, i cui beni vengono confiscati, uno dei fattori più importanti, nonché divenne occasione per grandissimo lustro: Trento riesce a vincere la morte sterminando il germe ebraico.

Il film, con rara maestria, restituisce allo spettatore la complessità della vicenda. Si badi che la chiesa, all’epoca, era schiava di un continuo flusso, tra potere temporale e potere spirituale, si pensi alla Scolastica, che non era aperta a incognite, ma era legata al pensiero razionale, logico. Si pensi al dualismo antropologico, cosmologico, ontologico, una serie di argomenti che il popolo dei fedeli, anche coloro che erano legati alla tradizione di Sant’Agostino, non poteva capire al volo. Purtroppo.

I documenti delle torture per estorcere le confessioni sono accompagnati da un sapiente metodo di scena illustrato in sala dopo la visione del film, che merita comprendere. Vi sono diversi narratori, gli attori, principalmente l’interprete di Johannes (Giovanni) Hinderbach vescovo di Trento e le voci narranti.

Non si scade mai nella semplificazione; al contrario, i fatti e il loro evolversi sono esposti con rigore e consapevolezza del regista Luca Criscenti, di Domenica Primerano con la consulenza storica dei professori Diego Quaglioni ed Emanuele Curzel.

Il percorso di revisione critica della vicenda da parte del Concilio Vaticano II vide attivamente coinvolta l’arcidiocesi di Trento ed ebbe tra i più qualificati protagonisti lo storico monsignor Iginio Rogger. Si sono fatte molte ipotesi, ma il colpevole oggettivo del delitto parrebbe essere un certo Giovanni Schweizer con un complice, Angelino Roper. Nel 1965 l’arcivescovo di Trento, Alessandro Maria Gottardi dichiara la svolta del Simonino che viene rimosso dalla chiesa di San Pietro. Da quel momento in poi vengono messe insieme molte ricerche che portano a 60 anni di lavoro con diversi libri e saggi che fanno disamina del caso. Ora il documentario, frutto di 4 anni di lavoro e di raccolta di interviste.

In proiezione la seconda e la terza al Cinema Modena il 22 e il 24 prossimi, alle 17.30, info e biglietti su Cineworld.

Martina Cecco

Riguardo l'autore

martinacecco

Giornalista e blogger. Collaboro con il web in rosa di Donnissima. Dirigo Secolo Trentino e Liberalcafé. Laureata in Filosofia presso l'Università degli Studi di Trento. Collaboro con un Progetto sperimentale di AI. Sto frequentando un master breve (Scuola di Liberalismo 2025) presso la Fondazione Luigi Einaudi.