Che significato aveva effettivamente quell’immagine pubblicata sui social dal Presidente degli USA, Donald Trump, nella quale lui era seduto su un trono papale, vestito da Pontefice, lo sguardo severo e la croce d’oro sul petto?
Era una semplice provocazione o forse un messaggio su quanto sarebbe poi successo con l’elezione di Leone XIV?
Quella foto — generata da intelligenza artificiale e pubblicata da Trump — ha fatto il giro del mondo e in molti l’hanno vista come una mera provocazione, un oltraggio alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli. Ma oggi, dopo l’elezione di un Papa statunitense, Leone XIV, figlio spirituale di Sant’Agostino e nato nella cultura missionaria nordamericana, quella stessa immagine assume un sapore profetico. O quanto meno strategico.
Fino a poche giorni fa, l’elezione di un Pontefice statunitense sembrava un’ipotesi remota, quasi impossibile. E invece, oggi, è realtà.
Perché non è solo la scelta del nome Leone a evocare un ritorno alla forza dottrinale. È l’intero contesto a suggerire che qualcosa si stesse muovendo da tempo. Come racconta il Quotidiano Nazionale, infatti, alcune indiscrezioni indicano che ambienti finanziari vicini a Trump avrebbero tentato di influenzare — direttamente o indirettamente — il conclave con una donazione da 14 milioni di dollari. Ufficialmente destinata a opere di carità, ma inserita in un gioco più grande: la geopolitica della spiritualità. Il Papato non è un’entità da sottovalutare: è un Impero spirituale senza confini.
E qui si inserisce un concetto fondamentale: Make America Great Again non è solo uno slogan da comizio o uno strumento per mobilitare una parte dell’elettorato. È, per molti, un principio-guida, una visione del mondo che punta a restituire agli Stati Uniti un ruolo dominante in ogni ambito strategico, dalla tecnologia alla religione. Non si tratta solo di vincere le elezioni: si tratta di orientare i centri di influenza globale.
Nel caso concreto, significa mantenere la Chiesa cattolica saldamente sotto l’influenza della superpotenza americana, guida de facto del blocco occidentale. Poco importa, a questo punto, che alla Casa Bianca sieda Donald J. Trump o un altro nome: quel che conta è il risultato. E oggi, quel risultato ha un nome ben preciso: Leone XIV.
Così, mentre in Italia ci si chiede se il nuovo Papa potrà mai criticare apertamente Donald Trump, un dato appare evidente: con l’elezione di Leone XIV, l’influenza degli Stati Uniti sul nostro Paese è destinata a rafforzarsi.
In fondo, ogni Papa ha sempre esercitato un peso politico e culturale rilevante in Italia. E oggi, quel Papa è americano.
Trump, sul piano della comunicazione e del soft power, ha già vinto — senza teologia, ma con una strategia. La Casa Bianca, simbolo del potere della superpotenza statunitense, non è più l’unico centro di comando globale: l’altro, ora benedetto e in tonaca, si trova dietro le mura del Vaticano.

C’è chi, sui social, ha persino ironizzato: “Il 51° Stato degli USA non sarà il Canada, ma il Vaticano”. Battuta a effetto, certo. Eppure, oggi, il capo spirituale di oltre un miliardo di cattolici è statunitense. Non Trump, ma il Papa. Il che, in un certo senso, ridisegna i confini dell’influenza globale.
Sessant’anni fa, l’America si emozionava per l’elezione di un Presidente cattolico, John F. Kennedy, e l’ascesa di una famiglia che ancora oggi è al potere negli Stati Uniti (il nipote di Kennedy è oggi sottosegretario alla salute n.d.r). Oggi, il mondo si ritrova con un Papa americano e un presidente che posta immagini in cui indossa abiti da Pontefice. Non può considerarsi solo una scelta di cattivo gusto da parte del Presidente, forse un gioco tattico di coloro che si occupano della comunicazione di Trump e che potevano sapere qualcosa, scegliendo di giocarsi una carta forte anche a rischio di indispettire quei cardinali che stavano cercando di portare a casa un risultato storico per gli USA.
Poco importano le critiche presunte del Papa a J.D. Vance: Leone XIV ha ben ricordato che è a capo della Chiesa e non accetta che qualcuno osi modificare la dottrina al di fuori della Chiesa stessa. Del resto, la storia cattolica è piena di precedenti. Vance non è nato cattolico, e il Papa — se davvero è lui l’autore di alcuni post social molto espliciti — sembra non voler fare sconti neppure a chi si professa vicino alla dottrina ma la manipola a uso e consumo politico.
Come disse Agostino, “con voi sono cristiano, per voi sono vescovo”. Leone XIV lo ha ricordato nel suo primo discorso. E forse, proprio in quel confine tra profezia e strategia, tra mistica e potere, si gioca la partita più interessante del secolo.
In un’epoca in cui l’immagine vale quanto l’elezione, quella foto — tra satira e strategia — potrebbe essere il nuovo affresco del potere globale.
M.S.