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Quando gli USA volevano far scomparire la Germania

Un piano per far scomparire la Germania come superpotenza regionale: una soluzione difficile da concepire oggi, anche se qualche malevolo di sicuro qualche pensierino in merito lo ha fatto, ma che venne ideata e in parte realizzata alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Si parla del piano Morgenthau, che è stato un piano di occupazione, smilitarizzazione e deindutrializzazione che gli USA avevano progettato nel 1944, sul finire della guerra, circa l’aspetto che la Germania sconfitta avrebbe dovuto avere. Il nome del progetto viene dal suo ideatore, Henry Morgenthau, all’epoca ministro del tesoro del governo Roosvelt.

La proposta di questo piano generò non pochi dissensi sia all’interno della maggioranza governativa, sia tra l’opinione pubblica: il progetto prevedeva infatti un trattamento particolarmente severo del Paese tedesco, che avrebbe dovuto abbandonare l’economia industriale per tornare ad un sistema di tipo agricolo-pastorale, distruggendo quindi le proprie imprese, centro nevralgico del sistema di produzione europeo.

Questi provvedimenti erano tesi a ridurre ancor di più il ruolo che la Germania occupava nello scenario internazionale, riducendola da protagonista a semplice comparsa.

La durezza di questo programma è  dettata in parte dal fatto che il suo ideatore proveniva da una famiglia ebraica trasferitasi a New York e che riteneva giusto porre una volta per tutte fine all’antisemitismo dilagante nel popolo tedesco d’allora. Si ricordi che questo era presente ben prima dell’avvento del nazismo.

Il piano Morgenthau ebbe comunque  vita breve e tormentata: dopo le difficoltà che incontrò la sua approvazione da parte del Primo Ministro inglese Churchill, una fuga di notizie circa i propositi che il piano prevedeva fruttò a Roosvelt numerose critiche e venne sfruttata dai comandanti tedeschi per incitare il proprio popolo a continuare la guerra.

Tuttavia gli americani perseguirono questa politica fino alla fine del 1946, quando la penuria di cibo a cui il piano costringeva i tedeschi provocò tassi di mortalità allarmanti e la carestia che stava dilagando in tutta Europa preoccupò l’amministrazione Truman che, agli albori della Guerra Fredda, non voleva l’espansione della dittatura del proletariato in tutta la Germania. Divenne inevitabile un cambio di politica, che dovette tenere presente il ruolo fondamentale che il paese teutonico ricopriva per la più complessiva ripresa del Vecchio Continente: non era possibile impedire la ripresa di quello che prima della guerra era il più grande apparato industriale europeo senza rallentare la crescita dell’intera Europa.

Forte di questa consapevolezza, il segretario di Stato George Marshall varò nel 1947 un piano di prestiti economici finalizzati alla ricostruzione dell’Europa e quindi anche all’apparato industriale della Germania Ovest, che durante la Guerra Fredda divenne territorio atlantista diviso dalla Germania Est, di stampo sovietico.

Il piano d’aiuti fu elargito a tutti i Paesi europei appartenenti al blocco occidentale e la sua influenza fu decisamente positiva per la ricostruzione di tutta l’Europa.

Indubbiamente se l’aiuto americano fu utile per il risollevamento delle sorti europee, d’altronde l’elargizione di questi prestiti contribuì all’asservimento economico , e non solo, di tutti i Paesi  europei  che necessariamente nella  situazione internazionale  accettavano di essere parte del blocco atlantico.

Il Piano Marshall, rispetto a quella proposta dal Piano Morgenthau, è stato senz’altro positivo , si aiutò la Germania occidentale a far si che si verificasse il Wirtschaftswunder ,cioè il miracolo economico.

Giulia Bonometti