54 miliardi di euro: è questa l’ipotetica cifra cui ammonta il mercato degli uteri in affitto in Italia, ottenuta moltiplicando il numero delle donne disoccupate tra i 15 e i 64 anni e l’eventuale prezzo di una maternità surrogata, che si aggira tra i 25 e i 120mila euro. Si devono comunque valutare le conseguenze di un’alta offerta a fronte di una non illimitata domanda.
“La missione delle madri non è la procreazione, quanto la preoccupazione. Anche le amebe partoriscono, ma, per quanto ne so, se ne fregano”: in una riadattazione moderna, una simile citazione calzerebbe a pennello alle cosiddette “madri surrogate”, forse uno dei più grandi ossimori dell’età contemporanea. Fa inorridire l’espressione “utero in affitto”, tanto aborrita anche dai sostenitori, che preferiscono dunque parlare di “maternità surrogata”; ma che cos’è la maternità nel 2016? Si può ridurre una simile condizione ai nove mesi della gravidanza e sostituirla poi con uno status equivalente a quello di una “parente”? Come quando da piccoli la mamma ci presenta la sua migliore amica e noi cominciamo a chiamarla “zia”: pressappoco uguale.
In “Amore Liquido”, il sociologo Bauman illustra una realtà governata da sentimenti fluidi, malleabili, interscambiabili. In tal modo, le relazioni tendono a riprodursi in forme sempre nuove, ad adattarsi alle situazioni del momento; l’uomo ha mercificato anche ciò che possedeva di più profondo e ha adottato l’agire razionale rispetto allo scopo di Weber, in cui tutto è finalizzato all’utilità, al profitto, al tanto aborrito capitalismo. L’agire burocratico ha sostituito l’agire razionale rispetto al valore, per il quale gli attori attribuivano alle proprie azioni un significato dettato da un nobile principio. E’ per questo che Weber parlava del mondo come di una “gabbia d’acciaio”, votata al dio denaro e colpevole dell’assassinio della virtù.
L’analisi della società operata dai due sociologi non sembra essere cambiata di una virgola, se non in peggio. Oggi, infatti, l’ultima frontiera della mercificazione è proprio la maternità, che probabilmente non compare nemmeno più nel vocabolario dei neologismi. Nell’affannarci a trasformare tutto in un “diritto inalienabile”, nessuno si è posto lo scrupolo di preservare una delle più belle esclusive di una donna. Per il momento, in Italia nessuno ha parlato di legalizzare la GPA (gestazione per altri) che rimane proibita come in buona parte d’Europa. In alcuni Paesi, poi, come Regno Unito e Svezia, la maternità surrogata è possibile solo in forma altruistica, ma non lucrativa.
Molti definiscono la GPA come un’opportunità per soli ricchi, i quali, a parità di bene, si avvalgono dell’offerta migliore. Ma può un bambino avere un prezzo? No, in realtà non è il feto a costare, quanto i nove mesi che esporranno la madre surrogata al dolore e al rischio.
E’ la rinuncia a crescere il bambino portato in grembo, è la costrizione a doverlo cedere a dei perfetti sconosciuti.
Le donne più bisognose accetteranno la domanda dei ricchi e costituiranno l’offerta del mercato umano. Molte donne, pur desiderandola, scelgono di non intraprendere una gravidanza perché impossibilitate a mantenere un figlio o per paura di perdere il posto tanto generosamente assegnatole da datori di lavoro che, senza scrupoli, hanno dedicato lo spazio in fondo alla pagina del contratto per mettere le cose in chiaro: no a future gravidanze. Allora la soluzione ad hoc viene proprio dalle madri surrogate, le quali, magari con un piccolo aumento, potrebbero fare anche da baby-sitter nei primi mesi dalla nascita.
Nell’ascoltare le esperienze delle madri surrogate, la frase più ricorrente è:”L’avrei fatto anche gratis”; allora perché accettare il denaro? Ma certo, perché sarebbe da sciocchi non unire l’utile al dilettevole e i panni della buona Samaritana interessano un po’ tutte. Come in ogni mercato che si rispetti, la GPA prevede anche un catalogo dei prodotti, basta solo formulare la domanda:”Vorrei un bambino biondo con gli occhi azzurri” e subito i miracoli della genetica permettono di realizzare il sogno dei futuri genitori. Genitori di cosa? Forse meglio definirli tutor o mentori; ed ecco che il quadro della famiglia allargata è ritratto.
Ipotizzando una penisola in cui la maternità surrogata sia legale e le unioni civili consentite, la domanda di avvalersi della GPA avrebbe un notevole incremento; lo stesso potrebbe dirsi dell’offerta, poiché molte donne disoccupate vedrebbero nel proprio utero un’opportunità di lavoro. La contraddizione sta nel fatto che, pur essendo in un mercato concorrenziale con beni sostituti e “imprese” incapaci di influenzare il prezzo, se la GPA fosse disciplinata dalla legge, i costi aumenterebbero decisamente per coprire le spese di assistenza e garanzie della gestante, continuando a riservare tale opportunità solo ai più abbienti.
Il particolare che lascia più sgomenti non è la richiesta da parte dei genitori, quasi legittima in un momento di disperazione di fronte ad un desiderio irrealizzabile, quanto più l’accettazione di un’altra donna a costituire un mero contenitore. Sarebbe curioso sapere come si comporterebbero i futuri genitori alla notizia di un bimbo malato: lo rifiuterebbero, chiedendo alla gestante di abortire? Magari riprovando una seconda volta, quella più fortunata.
In questi giorni di parla tanto di adozioni, quindi perchè non dare una famiglia ad un bambino già al mondo non per scelta sua costretto a patire la fame? Se davvero la maternità non è un capriccio, perché vogliamo a tutti i costi il bambolotto da allattare? Ma sicuramente anche qui si dirà che è una libertà di scelta, che il Medioevo è passato da tempo e chi parla di “leggi naturali” è solo un cattolico retrogrado.
Una volta si era indotti ad abbandonare i propri figli negli orfanotrofi, solo per dar loro un tetto in alternativa alla strada, e poi si impiegava una vita intera per tentare di riunirsi a loro. Oggi, invece, abbiamo imparato a ricavare profitto anche dal dono più spontaneo che la Natura ci ha regalato e la cosa più aberrante è che l’uomo è in continua involuzione; a questo punto, non sarebbe meglio toccare subito il fondo? Chissà, magari stiamo solo scavando.
di Antonella Gioia