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Esteri

Quel muro annunciato da Trump ma ideato da Bill Clinton

Donald Trump potrebbe essere il primo politico a rispettare seriamente le promesse fatte in campagna elettorale, e non è cosa da poco. Una delle prime cose che potrebbe fare è rispettare l’impegno di costruire un muro tra Messico e Stati Uniti: uno dei punti chiave della sua campagna elettorale sui quali ora i media di tutto il mondo dibattono cercando di gettare altre ombre sulla sua figura.
Trump l’ha ribadito nella sua prima intervista televisiva al programma 60 Minutes della Cbs, nella quale ha confermato la volontà di riprendere la costruzione del muro già avviata prima del suo insediamento e farne un qualcosa di serio, un vero e proprio muro” e non un muro giocattolo come ora”. La barriera, che si snoderebbe per 3200 chilometri, avrà la funzione di bloccare gli immigrati irregolari e combattere il narcotraffico: un problema serio in questi ultimi anni per la criminalità organizzata.
“È realistico?” Sembrano domandarsi oggi i media di tutto il mondo: gli stessi che, in America così come in Europa, (a parte rarissimi casi) hanno da sempre preso posizione nei confronti di Hillary Clinton dall’alto dei loro uffici a Manhattan o nell’upper east side e che poi, alla fine, hanno irrimediabilmente chiesto scusa nel giorno della vittoria del repubblicano conservatore Trump.
Capire le problematiche sociali che hanno portato alla vittoria del neo-eletto presidente, vuol dire capire che, stando anche a quanto avviene in molti altri paesi del globo, il tema dell’immigrazione clandestina e della sua limitazione e regolamentazione è divenuto essenziale al giorno d’oggi.
L’aveva già capito Bill Clinton – il marito di Hillary per intenderci – già nel lontano 1994. Proprio in quell’occasione fu avviata, sotto la presidenza di Clinton, la costruzione della barriera lungo la frontiera tra Messico e Stati Uniti, ma allora la stampa non se ne preoccupò più di tanto. Come mai? Eppure il piano, messo in atto dall’ex presidente democratico, comprendeva – riprendendo esattamente le attuali logiche di Trump – un’operazione articolata in tre diverse fasi nei tre stati americani quali Texas, California e Arizona: una manovra in grado di estendere fino a 3400km quel muro ideato nei primi progetti da Clinton; inizialmente con il Gatekeeper in California, poi con l’Hold-the-Line in Texas e il Safeguard in Arizona.
Tre punti nevralgici da cui sono effettivamente partiti i 930km di muro già esistenti.  Non male per esser stato ideato da un democratico, tanto da essere stato designato da alcuni esponenti messicani “il muro della vergogna”: un muro che dal 1990, occorre dirlo, ha fatto recuperare alla polizia di frontiera almeno seimila corpi di migranti morti durante la traversata. Senza considerare le migliaia di arresti e decine di morti ogni anno, proprio sotto le precedenti amministrazioni.
Dieci anni dopo la prima ideazione Trump vorrebbe, così come dichiarato dai Repubblicani già sotto la presidenza Clinton, rendere più sicuro ed efficiente il muro: anche per evitare e prevenire quanto già avvenuto in questi anni negli scontri a fuoco con la polizia di frontiera (si conta che dal 2010 al 2015 siano state 33 le persone uccise nel tentativo di attraversare la barriera).
La stessa polizia che, proprio sotto la presidenza Obama ha raggiunto, nel 2010, la bellezza di 20mila agenti: una cifra record che nessuno però ha mai contestato. Altra casualità? Sarà, ma si fa interessante scoprire anche che i costi, in termine di finanziamenti, nel 2012 (sempre sotto la presidenza del democratico Obama) siano aumentati fino a toccare quota 18 miliardi di dollari, più di qualsiasi altra forza di polizia. Oltre a tutto ciò il narcotraffico e la criminalità non si sono fermate, alimentando maggiore insicurezza e destabilizzazione nel territorio.
La proposta di Donald Trump in questo senso, potrebbe essere la soluzione ottimale per una rivisitazione del muro già presente. Magari con maggiori tutele e sicurezze anche per coloro i quali, regolarmente, potrebbero attraversarlo alla frontiera.
Certo, i costi stando a quando dichiarato dallo stesso Trump si aggirerebbero attorno agli 8-10 miliardi, cifra tuttavia non certa: ma può essere un costo necessario al fine di impedire quanto già avvenuto? A fronte dei 7 miliardi già spesi per una barriera che attualmente lascia parecchio desiderare, forse sì. Sarà finanziato interamente dal Messico come dice Trump? Oppure grazie all’aumento delle tasse sulle domande del visto e l’applicazione di tariffe commerciali proprio nel commercio con il Messico?
Ad oggi non ci sono certezze, solo differenti opzioni: quel che è certo è solo la tremenda ipocrisia dei Democratici. Cosa che a qualcuno sembra non andare giù.
di Giuseppe Papalia 
 

Riguardo l'autore

giuseppepapalia

Classe 1993. Giornalista pubblicista, consulente di comunicazione per i deputati al Parlamento europeo, corrispondente da Bruxelles. Una laurea in scienze della comunicazione e una magistrale in giornalismo con indirizzo “relazioni pubbliche” all'Università degli studi di Verona. Ha collaborato con alcuni giornali locali, riviste di settore e per alcune emittenti televisive dalle istituzioni europee a Bruxelles e Strasburgo. Con TotalEU Production dal 2019, ho collaborato in qualità di social media manager e consulente di comunicazione politica. Oggi è libero professionista e docente abilitato in "teorie e tecniche della comunicazione".