“Cuba non è solo un isola”, questa fu una delle più celebri frasi pronunciate da Fidel Castro, leader della rivoluzione cubana, nel lontano 1962. Una frase pronunciata un mese prima dalla crisi dei missili cubani, crisi diplomatica che stava portando il Presidente degli Stati Uniti, Kennedy, a scatenare una folle guerra atomica. Fu questo l’evento che consegnò Castro alla storia, ovvero l’emblema di un uomo che era sicuramente, a suo modo, anti-mondialista come una genuina sinistra sovranista dovrebbe essere.
Per capire i fatti del 1962 si deve però capire il contesto socio-politico dell’epoca. Il mondo a partire dal 1945 era diviso in due blocchi: uno capitalista, guidato dagli Stati Uniti, e uno socialista, guidato dall’URSS. L’equilibrio che si era creato a livello internazionale si basava su una perfetta suddivisione del mondo in due sfere: quella capitalista governava sui continenti americani e su parte di quello europeo, quello invece socialista dominava l’Asia e parte dell’Europa. La linea di demarcazione, come affermò Churchill nel 1946, era costituita da una cortina di ferro che da Stettino a Trieste divideva in due l’Europa uscita sconfitta dalla Seconda Guerra Mondiale.
Agli inizi degli anni ’60 la pace così realizzata da Postdam venne messa in discussione da due uomini: Che Guevara e Fidel Castro. I due combattenti erano infatti riusciti a prendere il potere – dopo anni di guerriglia – di una piccola isola caraibica, l’isola di Cuba, che veniva allora considerata – nei fatti – una colonia statunitense. Castro, giovane avvocato cubano, si proclamò leader maximo dell’isola, andando subito in contrasto con le lobby statunitensi che sino ad allora governavano indisturbate l’isola.
Le maggiori lobby coinvolte – ovvero quelle dei casinò che usavano Cuba come una gigantesca Las Vegas caraibica – erano strettamente collegate allora Presidente Kennedy, una figura glorificata da una certa stampa, ma al contempo molto sensibile a certi interessi economici diretti da figure legate alla malavita.
Gli Stati Uniti d’allora non erano come quelli di adesso. Vi era in atto una forte politica imperialista che aveva portato in quegli anni all’installazione di missili nucleari lungo tutta la frontiera dell’URSS e il comportamento di Castro era ritenuto inaccettabile dall’amministrazione Kennedy. Venne quindi organizzata nel 1961 un’operazione militare per rovesciare il regime di Fidel Castro con le forze dei controrivoluzionari cubani che si concluse in un fallimento.
Quest’operazione spinse Castro sempre più vicino all’Unione Sovietica. Quest’ultima decise, per difendere sopratutto quell’avamposto del socialismo nell’America caraibica di installare un presidio sovietico con missili nucleari. Una provocazione inaccettabile per Kennedy che come riteneva giusti i missili nucleari schierati in Turchia al confine con l’URSS, riteneva provocatoria una contropartita sovietica a Cuba. Fu crisi e per dodici giorni il mondo temette di essere vicino all’Apocalisse nucleare. Il tutto fu risolto grazie alla diplomazia del fratello del Presidente Kennedy, Robert, che fu uno dei pochi, assieme a Kruscev, a rendersi conto della reale situazione.
Castrò poté mantenere il suo potere e guidare un’isola. I decenni successivi furono contraddistinti da un duro embargo economico americano che aveva come unico scopo quello di far morire di fame il popolo cubano. Castro, assieme al suo popolo, però non si arrese e anzi riuscì a creare uno Stato con varie eccellenze, prima tra tutte quella sanitaria.