Paolo Gentiloni ha già pronta la lista dei “nuovi” – anche se di nuovo c’è ben poco – ministri: elenco dei possibili candidati alla mano, si è presentato al Colle alle 17 e 30 di oggi pomeriggio per consegnarla al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
«Salirò al Quirinale alle 17.30» aveva dichiarato già nel primo pomeriggio il Premier incaricato, deciso più che mai nel far recapitare a Mattarella quanto concordato con le diverse forze politiche. E proprio in un brevissimo comunicato da Montecitorio, ha spiegato: «Ho cercato di conciliare l’esigenza di tempi molto stretti con la necessità di ascoltare opinioni e proposte dalle forze parlamentari, che ringrazio tutte, sia chi ha preannunciato il proprio sostegno al governo, sia chi ha preannunciato opposizione. Da questi incontri sono emersi elementi utili».
Elementi che hanno portato Gentiloni a stilare una serie di candidati “nuovi” e vecchi, per questo 4° esecutivo di “transizione” dopo quello di Enrico Letta, Mario Monti e Matteo Renzi. Tutto in temi brevissimi: sole ventiquattro ore per Gentiloni, il quale ha voluto consultarsi, già a partire dalla giornata di ieri, con i maggiori esponenti dei partiti politici per concordare i nomi che andranno a formare il 64° Governo italiano della storia Repubblicana.
Crisi di Governo, incarico e nuovi ministri: tutto sotto la pressione degli “impegni” e delle “responsabilità istituzionali” tanto agognate da Mattarella. Dopotutto lo stesso Presidente della Repubblica era stato chiaro: “rispettare gli impegni e le scadenze di cui le istituzioni dovranno assicurare in ogni caso il rispetto, garantendo risposte all’altezza dei problemi del momento”; (terremotati e impegni europei ed economici compresi?) D’altronde anche la situazione Mps urge tempestività. E proprio per ragioni di tempestività il giuramento avverrà già entro stasera.
Ma qual è l’esito finale del cosiddetto “totoministri” che ha visto battersi nuovi e vecchi tra i confermati e i rimossi? Pier Carlo Padoan e Franceschini vanno verso una riconferma: il primo all’Economia, mentre il secondo alla Cultura. Andrea Orlando alla Giustizia e Graziano Delrio alle Infrastrutture. Nulla di troppo emozionante fino a qui, così come per quanto riguarda Roberta Pinotti alla Difesa. “Tutto cambia perché nulla cambi” direbbe un’infuriata Giorgia Meloni, così come ribadito subito dopo la nomina del neo-Premier Gentiloni.
Le sorprese non mancano quando a essere chiamate in causa sono invece Maria Elena Boschi e Stefania Giannini: tra i pochi a rischiare seriamente la poltrona ci sono state loro, protagoniste incontrastate delle riforme più discusse in questi anni di mandato “Renziano”. Mentre la prima trasloca a Palazzo Chigi come sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, rimpiazzata da Anna Finocchiaro ai Rapporti col Parlamento, la seconda viene licenziata dall’attuale nomina a ministro dell’istruzione in favore di Valeria Fedeli: a quanto pare la protagonista della “buona scuola” non ha convinto. Riconfermata invece Marianna Madia alla pubblica amministrazione.
Confermato anche Giuliano Poletti, padre fondatore della riforma sul lavoro e del Jobs Act. Agli esteri? L’assegnazione è andata ad Angelino Alfano, (dato per favorito fino all’ultimo nella corsa con Piero Fassino, Carlo Calenda ed Elisabetta Belloni) che prende il posto di Gentiloni e viene rimpiazzato da Marco Minniti, nuovo ministro dell’Interno.
Alla salute confermata Beatrice Lorenzin, così come Claudio Calenda allo Sviluppo economico.
Le polemiche sono già cominciate.
Dii Giuseppe Papalia