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Putin sarebbe pronto a "regalare" Snowden a Trump: come si comporterà il tycoon?

Il canale tv Cnbc rivela che la Russia sarebbe pronta a rispedire la “spia” Edward Snowden (l’informatico americano che denunciò i programmi di sorveglianza e spionaggio della National Security Agency) in America, come “regalo” a Donald Trump: un segnale forte che, a nemmeno a un mese di distanza dall’insediamento alla Casa Bianca del tycoon, confermerebbe i rinnovati rapporti tra i due Paesi. 
Sembrerebbe questa infatti l’ultima trovata da parte del Presidente russo, Vladimir Putin, per “ristabilire definitivamente”, così come ipotizzato da numerosi analisti americani, i rapporti con gli Stati Uniti: riconsegnare a Trump quel che luì stesso definì “una spia e un traditore” nel lontano 2013.
Un segnale di riavvicinamento bello e buono, che metterebbe finalmente nelle mani governative americane l’uomo che tre anni fa, dopo aver rivelato al mondo i dettagli dei segretissimi programmi di sorveglianza di massa del governo statunitense, fuggì a Mosca per evitare di essere processato in patria. Già, perché l’ex esperto informatico della Cia, poi consulente della National Security Agency (Nsa), la massima istituzione americana di sicurezza nazionale, è stato a lungo considerato colui che dall’interno “agiva contro gli stati Uniti”. Ma sarà realmente così?
La storia, svelata dallo stesso informatico statunitense grazie all’aiuto di Glenn Greenwald, giornalista del Guardian (che grazie a questo scoop vinse il Pulitzer), apparve ai più priva di reali colpe per lo statunitense. Lo stesso giornalista dichiarò, in base ai rapporti e alle rivelazioni ricevute, che non vi fosse un solo elemento in grado di “compromettere, anche lontanamente, la sicurezza nazionale”.
Le denunce di Snowden poi, che ricordano tanto quelle mosse dal famoso Julian Assange, (giornalista e programmatore informatico condannato per le sue divulgazioni segrete sul sito WikiLeakscolpiscono un sistema di intelligence americana in grado di intercettare e spiare a piacimento, su vasta scala, ogni cittadino di ogni stato del globo. Una vera e propria violazione della privacy che costrinse l’amministrazione Obama a dover presentare “pubbliche scuse” dinnanzi all’opinione pubblica mondiale, violata nel nome della sicurezza nazionale. Lo stesso Obama chiese infatti di apportare significative modifiche ai programmi di sorveglianza, ma non mosse un dito a favore di Snowden.
Amnesty International, l’Unione americana per le libertà civili e Human Rights Watch, insieme ad altre organizzazioni, hanno più volte lanciato numerosi appelli all’ex Presidente degli USA Barack Obama, “invitandolo a porsi dal lato giusto della storia concedendo la grazia a Edward Snowden”. Tuttavia, nonostante l’ultima richiesta sia stata fatta proprio poco prima della fine della sua amministrazione, il Congresso americano si è sempre rifiutato, definendolo un frustrato e traditore e non – così come l’ha definito gran parte della società civile americana – un whistleblower” (in lingua inglese, o più specificatamente negli Stati Uniti d’America, “soffiatore di fischietto”: ovvero un individuo che denunci pubblicamente o riferisca alle autorità attività illecite o fraudolente all’interno del governo).
Peccato che lo stesso Obama, premio nobel per la pace, non si fosse fatto problemi nel concedere la grazia – a pochi giorni dalla fine del suo mandato – per Chelsea Manning, anch’esso colpevole, al pari di altri, di aver trasferito nel 2010 proprio a Wikileaks informazioni segrete. 
Due pesi e due misure differenti per Snowden, il quale rischierebbe ora di passare decenni in carcere qualora decidessero di farlo rientrare “forzatamente” in patria. Eroe o traditore quindi? Frustrato o “informatore e difensore internazionale dei diritti umani“?, così come l’ha definito il Parlamento Europeo lo scorso 29 ottobre del 2013.
Poco importa se l’intento di Snowden fosse quello di informare le persone su ciò che “viene fatto in loro nome e quello che è fatto contro di loro”, perché ora Putin parrebbe volerlo “usare” per portare a coronamento il rapporto creato fra i russi e Donald Trump nel corso della campagna elettorale del 2016: ma come si comporterà Trump? Magari, questa volta, potrebbe pensare di schierarsi dalla parte “giusta” della storia. Sarebbe un segnale nuovo, a coronamento di un’amministrazione diversa dalle precedenti: Bush e Obama permettendo.
D’altronde la sicurezza nazionale di un paese può essere garantita comunque, pur non entrando illegalmente e senza alcun consenso nella vita di milioni di cittadini che nulla hanno a che fare con il terrorismo globale. Un tema sensibile questo, usato (senza ombra di dubbio) da Obama per operare manovre di cyber-spionaggio nei confronti di diversi leader mondiali. Perché questa, ad oggi, è la più sconcertante verità.
Giuseppe Papalia

Riguardo l'autore

giuseppepapalia

Classe 1993. Giornalista pubblicista, consulente di comunicazione per i deputati al Parlamento europeo, corrispondente da Bruxelles. Una laurea in scienze della comunicazione e una magistrale in giornalismo con indirizzo “relazioni pubbliche” all'Università degli studi di Verona. Ha collaborato con alcuni giornali locali, riviste di settore e per alcune emittenti televisive dalle istituzioni europee a Bruxelles e Strasburgo. Con TotalEU Production dal 2019, ho collaborato in qualità di social media manager e consulente di comunicazione politica.