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Vinitaly 2017: "L’Emilia Romagna di Lambrusco e Sangiovese batte il Veneto del Prosecco", ma non solo

Da un po’ di tempo a questa parte i consumatori chiedono vini di qualità, all’insegna della tradizione e della vicinanza al territorio. Vinitaly, la più grande manifestazione dedicata al mondo del vino, anche quest’anno risponde presentandosi agli ospiti con un’offerta di primo piano sul panorama nazionale e internazionale. 
Così in questo ampio contesto costellato da 4273 azien­de, pro­ve­nien­ti da ol­tre 30 pae­si, a spiccare quasi immediatamente agli occhi dei visitatori all’ingresso centrale è il Padiglione 1 dell’Emilia Romagna: un padiglione dalle vaste dimensioni, che si estende su un’area di ben 4.000 mq e ospita al suo interno circa 200 tra singole cantine e consorzi.
Con il consueto bagno di folla, che si riversa negli stand, alla ricerca di degustazioni, quest’anno il padiglione dell’Emilia Romagna non ci ha impiegato molto nel fare il “tutto esaurito”, raccogliendo numerosi apprezzamenti sulla stampa nazionale proprio in apertura di manifestazione: sulla Gazzetta dello Sport, nella sezione dedicata allo speciale sul Vinitaly, Luca Gardini firma la classifica dei migliori 50 vini italiani sotto ai 15 euro in enoteca, sottolineando il successo che “l’Emilia Romagna di lambrusco e sangiovese” raccoglie “battendo il Veneto del Prosecco”. 
Un successo segnato dal potente “brand” che il vino emiliano-romagnolo ha saputo forgiare e diffondere nel mondo: un’industria enogastronomica di tutto rispetto, che conta al suo interno la bellezza di 500 vini offerti in degustazione ai visitatori di tutta Italia. I temi principali che accompagnano l’inebriante tour di cantine e degustatori riguardano la via Emilia, declinata stavolta nella versione ‘Profumi dalla terra’. Profumi inebrianti, che subito si mescolano all’odore corposo e profondo di vini quali il Lambrusco di Modena e il Sangiovese romagnolo, senza dimenticare il Pignoletto bolognese, il Fortana ferrarese e il Malvasia parmense e piacentino (tutti rigorosamente Dop e Igp nelle loro differenti lavorazioni anche biologiche).
Una vera e propria passione per gli emiliani quella del vino, che contraddistingue “quel pezzo di terra voluto da Dio per permettere agli uomini di costruire la Ferrari”, come veniva riportato in un famoso articolo del Resto del Carlino del 2012. D’altronde gli Emiliani sono così, sono buoni di “inventarsi” il Parmigiano Reggiano, o la Barilla e la Saeco, senza tuttavia dimenticarsi del vino. In quella terra pianeggiante in cui partendo da Modena e arrivando a Rimini – nel corso di tutto il padiglione – si percorrono differenti tipologie di vini e sapori, tali da comprendere perché vi sia un export mondiale, incoraggiante per la regione, con una produzione cresciuta del 7% nell’ultimo anno, più che in linea con la media nazionale. 
Un vero e proprio “PIL” dell’industria del vino che porta in alto il simbolo del “made in Italy”, e che non si piega nemmeno dinnanzi al pericolo “Brexit”, così come ci hanno tenuto a sottolineare alcuni espositori delle più prestigiose cantine emiliane. Nonostante i dati allarmanti, i produttori restano convinti della qualità dei loro prodotti, veri e propri “cavalli da battaglia” nel commercio nazionale e internazionale. Questi, seppur non sempre elitari, tuttavia restano contraddistinti dalla flessibilità del gusto e dal prezzo accessibile a ogni differente target. Un vino “rustico” così come alcuni espositori l’hanno definito prendendo come riferimento il lambrusco, ma in grado di competere con i maggiori vini di livello dell’intero panorama nazionale.
Ed è proprio “la diversità e la complessità dei vini che accompagnano la via Emilia la forza che presentiamo anche quest’anno al Vinitaly e che sempre di più ci viene riconosciuta a livello nazionale e internazionale” – così come hanno tenuto a sottolineare il presidente di Enoteca Regionale Emilia Romagna, Pierluigi Sciolette, e il Direttore Ambrogio Manzi “proponendo un racconto basato sulla grande varietà dei suoli che permettono ai differenti vitigni di poter offrire vini di assoluto spessore qualitativo con personalità eterogenee che da Piacenza, con il Gutturnio, arrivano al Sangiovese di Romagna. Differenze che sono la forza della nostra enologia e che raccontano un’antica, ma insieme contemporanea, cultura enologica e legame delle aziende produttrici con il proprio territorio”.
Una continuità degna di nota, che anche quest’anno ha saputo tenere banco in un Vinitaly da record, costellato da un successo sempre più grande. Un risultato maturato negli anni, contraddistinto da quella immancabile voglia di riunire ogni anno espositori e consumatori nel salone “buono” del vino e divenuto icona di prestigio e fama nel mondo. Ovviamente con l’obiettivo di continuare a raccontare storie sempre nuove. Degne di una vetrina di tale calibro.
di Giuseppe Papalia
 
 
 
 
 

Riguardo l'autore

giuseppepapalia

Classe 1993. Giornalista pubblicista, consulente di comunicazione per i deputati al Parlamento europeo, corrispondente da Bruxelles. Una laurea in scienze della comunicazione e una magistrale in giornalismo con indirizzo “relazioni pubbliche” all'Università degli studi di Verona. Ha collaborato con alcuni giornali locali, riviste di settore e per alcune emittenti televisive dalle istituzioni europee a Bruxelles e Strasburgo. Con TotalEU Production dal 2019, ho collaborato in qualità di social media manager e consulente di comunicazione politica. Oggi è libero professionista e docente abilitato in "teorie e tecniche della comunicazione".