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Ernesto “El Che” Guevara, il poeta dietro al rivoluzionario

Era il 9 ottobre 1967 quando dopo essere stato catturato a La Higuera, un piccolo villaggio boliviano, Ernesto “El Che” Guevara veniva ucciso da un plotone dell’esercito boliviano. Ernesto Guevara è stato un rivoluzionario e guerrigliero argentino, famoso per aver partecipato attivamente alle “rivoluzioni” di diversi paesi del Sud America come Cuba e la Bolivia.

Nato a Rosario il 14 giugno 1928 Guevara visse la sua infanzia diviso tra due grandi passioni: gli scacchi e la letteratura. Fin dalla tenera età infatti “El Che” dimostrò una particolare predisposizione la poesia, appassionandosi agli scritti di Pablo Neruda, Emilio Salgari, Jules Verne, Alexandre Dumas e Robert Louis Stevenson.

Durante l’adolescenza Guevara era il classico rampollo della piccola borghesia argentina, per nulla affascinato dall’attivismo politico, si dedicava principalmente alla lettura, alla fotografia e al gioco del rugby, disinteressandosi completamente di tutte quelle che erano le cause sociali che affliggevano l’Argentina e il Sud America in quel periodo. Con la fine degli studi liceali Guevara decise di iscriversi alla facoltà di medicina, sognando di diventare un ricercatore, fu proprio durante gli anni universitari che il ragazzo riversò le sue prime attenzioni al mondo della politica, scontrandosi duramente con i marxisti di “Juventud Comunista”, accusati di essere settari e privi di elasticità.

Parallelamente alla sua carriera universitaria Guevara iniziò anche a viaggiare a bordo della sua motocicletta per tutto il Sud America, rimanendo colpito dalla povertà che attanagliava i cittadini sudamericani. Iniziando contestualmente a interessarsi alle cause sociali dell’America Latina e a maturare l’idea di un Sud America senza confini, unito da un’unica cultura, più vicino ad essere un’entità unica che una pluralità di stati.

Queste convinzioni lo portarono a sposare le cause di diversi paesi in rivolta contro il loro stato centrale: Perù, Ecuador, Nicaragua, Honduras furono tutte tappe fondamentali per Guevara, che iniziò a convincersi di dover partecipare attivamente alle “rivolte” per poter vedere le sue idee realizzate. In Guatemala si avvicinò molto a dei dissidenti cubani in esilio, che lo misero in contatto con Fidel Castro, un rivoluzionario che voleva rovesciare il regime dittatoriale cubano di Fulgenzio Batista.
L’incontro con Fidel Castro si rivelò fondamentale per la vita di Guevara, decise di unirsi al suo movimento rivoluzionario e iniziò a partecipare attivamente alla guerriglia contro il regime di Batista. Dal 1956 al 1959 Ernesto Guevara insieme ad un plotone di circa 17 uomini, si rese protagonista di azioni rivoluzionarie, facendo crescere nella popolazione il mito de “ El Che ”.

Guidando la sua “squadra suicida”, l’argentino si rese protagonista di alcune delle azioni più significative della “Rivoluzione Cubana” come le rivolte di Santa Clara e della Sierra Maestra, imponendosi sulla scena sudamericana come un vero e proprio “eroe” popolare.
Dal 1959 al 1965 Ernesto Guevara partecipò attivamente alla vita politica della “nuova” Repubblica di Cuba, prima come dirigente dell’Istituto Nazionale della Riforma Agraria e successivamente come presidente della Banca di Cuba. La vita istituzionale e d’ufficio non faceva però per “El Che”, che nutrendo un forte disagio verso queste sue nuove posizioni sentiva la mancanza della “vita d’azione”, così nel gennaio del 1965 decise di ritirarsi a vita privata facendo perdere le proprie tracce.
Solamente nel novembre del 1965 Fidel Castro attraverso un comunicato ufficiale informò la nazione che Ernesto “El Che” Guevara aveva deciso di andare a combattere altrove per continuare a cercare di portare il suo aiuto e le sue idee rivoluzionarie in altri paesi “oppressi” dalle dittature. Guevara infatti si spostò dapprima in Congo, dove combatté insieme ai rivoluzionari Simba, e successivamente in Bolivia per contrastare il presidente Renè Barrientos Ortuno.

Fu proprio in Bolivia che Ernesto Guevara venne catturato dall’esercito boliviano l’8 ottobre 1967. Nonostante l’utilità che poteva avere come prigioniero politico, “El Che” venne giustiziato il giorno seguente da Mario Teràn, un sottoufficiale dell’esercito.
Con la sua morte Ernesto “Che” Guevara divenne rapidamente il simbolo della rivoluzione non solo sudamericana, ma divenne l’icona di tutti i movimenti rivoluzionari sinistroidi del mondo. La sua storia, la sua vita e da ultimo la sua immagine si prestavano perfettamente per incarnare lo spirito rivoluzionario mondiale.

Tralasciando l’iconoclastia di Guevara, di cui tanto e forse troppo è già stato scritto, è interessante conoscere l’animo artistico del Che, un animo che è sempre stato messo in secondo piano rispetto alla sua vita politica.
Ernesto Guevara lungo tutto il corso della sua vita fu anche un autore di poesie e saggi letterari molto interessanti. I suoi numerosi scritti sono stati molto utili per comprendere quello che era il suo reale pensiero su molte vicende che ne hanno caratterizzato sia la vita che il successivo mito.
I lavori di Guevara rispecchiano a pieno quella che era la sua personalità, l’umiltà e la semplicità che hanno caratterizzato la vita de “El Che” emergono in maniera netta dallo stile delle sue opere. Nonostante la sua vita da rivoluzionario, Guevara riuscì sempre a coltivare quella che è stata per tutta la vita una delle sue passioni: la letteratura.

Da quanto è emerso dalle lettere e dai diari che ci sono pervenuti Ernesto Guevara, tra le mille sfaccettature della sua personalità, possedeva anche il lato nobile del poeta. Attraverso quanto ci ha lasciato è stato possibile comprendere che oltre al lato sanguinario del guerrigliero in Guevara viveva anche un lato più sensibile, completamente opposto all’immagine pubblica che dava di sè.
Sicuramente questa sua passione ha contribuito in maniera sensibile alla sua formazione come uomo e come leader, Guevara non è mai stato solamente un bieco rivoluzionario di sinistra ma si è sempre distinto anche per la sua caratura morale. Caratura che l’ha portato ad essere una delle icone di tutto il 1900.


Carlo Alberto Ribaudo