Che cos’è il debunking? Gli esperti del settore lo definiscono “la trincea contro la cattiva informazione”. Letteralmente il debunker è un demistificatore, uno smascheratore alla ricerca di notizie false sul Web, che verifica le fonti della notizia e cita i testi di cui si avvale per demistificare. Il debunker parte dal presupposto che una notizia venga data per influenzare gli interlocutori, in particolare coloro sprovvisti di strumenti per capire una notizia falsa.
Secondi i dati Ocse, in Italia quasi una persona su due è analfabeta funzionale, ovvero elabora notizia solo su esperienza diretta, non riesce a sintetizzare contenuti di un testo lungo, non capisce termini di un contratto di lavoro. Eppure tali individui lavorano, scrivono, condividono sui social, votano.
Nell’era del Cialtronevo, in cui il peggior cialtrone vanta la medesima autorità dello scienziato, la divulgazione scientifica incontra non pochi ostacoli. In questo, le echo chambers sociali rendono la mission ancora più difficile, poiché polarizzano il dibattito. Si è osservato infatti che, mentre le notizie complottiste partono da zero e tendono poi a crescere, le notizie scientifiche subiscono il processo inverso.
Compito della divulgazione è proprio quello di colmare divario tra scienza e pubblico, ricorrendo ad una comunicazione efficace. Ma non è facile parlare di un argomento specifico senza usare un linguaggio ostico, per cui è necessario adottare piccoli accorgimenti: evitare muro di parole, non scrivere un articolo compatto, inserire immagini interessanti per rendere un argomento più affrontabile. Così, è vitale la regola de “spiegatelo alla nonna”, facendo attenzione che la semplificazione non corrompa il messaggio inziale.
Internet ha permesso lo sviluppo di una “medicina fai da te”, che niente ha a che fare con i vecchi rimedi della nonna. Ciò si collega direttamente al concetto di prosumer, in cui è il lettore a produrre contenuti e proporre rimedi. In Italia la divulgazione scientifica è prevalentemente appannaggio dei giornalisti; la mancata divulgazione delle attività di ricerca ha acuito il distacco con la società e ha favorito la diffusione di cattive informazioni scientifiche da parte dei media.
A questo proposito, è interessante la ricerca condotta da Walter Quattrociocchi sul tema delle bufale online e dei loro demistificatori: ne è risultato che smontare le bufale stimola commenti negativi, non raggiunge il pubblico “complottista” oppure scatena reazioni contrarie a quelle sperate. Spesso si è talmente convinti di un complotto del sistema da arrivare ad accusare chi li contraddice di “far parte del sistema” o di essere “pagato dai poteri forti”.
Il suggerimento sarebbe di bypassare completamente una notizia falsa, in modo da non aumentarne la “popolarità” sui social; eppure, così facendo, si rischia di silenziare il senso di responsabilità e solidarietà che, invece, dovrebbero essere incentivati sul Web.
Forse il debunking non funziona ma, forse, non staremmo peggio, senza?
di Antonella Gioia