Lui è tornato: anzi il Re è tornato. Un volo militare ha finalmente riportato sul suolo patrio la salma di Re Vittorio Emanuele III, il Re vittorioso, il Re soldato, “sciaboletta” oppure semplicemente il Re. Grazie all’intermediazione di Maria Gabriella di Savoia e soprattutto grazie al buon senso del Quirinale e del governo, si è compiuto un atto storico necessario e doveroso per un Paese troppo dilaniato dalle divisioni e odi. Non potrà riposare in pace al Pantheon, luogo presso cui riposano gli altri due Re d’Italia, ma essere riusciti a riportarlo sul suolo natio è il più bel pensiero di Natale fatto del nostro Stato negli ultimi anni.
Un gesto storico e umanitario, un gesto che va oltre le solite logiche economiche che attanagliano la quotidiana vita di tutti noi, un qualcosa che ha come scopo quello di dare i giusti onori. Vittorio Emanuele III è sempre e senza dubbio stato uno dei più controversi e più amati Sovrani della storia d’Italia. Fu il Re che fece nascere la democrazia in Italia, fu anche il re che cercò di usare il fascismo come strumento di ordine sociale, fu colui che trascorrendo tre anni al fronte assieme ai suoi soldati, unico sovrano europeo a farlo nella “Grande Mattanza”, ritornò dal fronte con l’aspetto di un settant’enne.
Ridurre la figura di Vittorio Emanuele III alle sole leggi razziali, come qualche solito maligno si è limitato a fare in queste ultime ore, è ridurre la storia di cinquant’anni di un Paese a una riga. Si è anche a lungo parlato della sua complicità con il fascismo, ma si dimentica che il Re fu il principale simbolo antifascista. Molti monarchici italiani, se non tutti, erano antifascisti e le prime foto che si possono osservare del 25 luglio ritraggono proprio gli autori dell’abbattimento delle varie statue raffiguranti Mussolini o di quei cortei in giro per Roma, così come nei vari paesini, che fecero sciogliere il fascismo come neve al Sole.
Le tradizionali compagini antifasciste si organizzarono solamente molti giorni più avanti, quando erano sicure della caduta del fascismo. Negli italiani di oggi non si distingue più tra le forze monarchiche fedeli al re e le forze fasciste repubblicane, due forze che per vent’anni hanno sempre dovuto coesistere, sebbene con accesissime rivalità.
Il re è stato per anni l’unico strumento in mano agli antifascisti. Gli antifascisti in Italia inneggiavano alla sua figura, perché non poteva essere proibita dal regime. La stessa caduta del fascismo fu voluta dalla monarchia, infatti a differenza nazionalsocialismo, la presenza del potere monarchico in Italia aveva creato un altro centro di potere tale da non garantire il totalitarismo nelle mani di Mussolini. Sebbene il Re commise successivamente l’errore di abbandonare il Paese al suo destino, ma a riguardo vi è come scusante la sua età avanzata e l’ambiguità di Badoglio, e vi fu incapacità di gestire il delicato momento.
I comportamenti di Vittorio Emanuele III portarono i neofascisti per quasi trent’anni a ritenere come loro strenui oppositori non i comunisti, bensì i monarchici. Infatti i missini solamente negli anni ’70 con la nascita del MSI-DN accettarono a malincuore i fedelissimi di Casa Savoia, ma all’interno di un programma politico che mirava alla nascita di un Polo identitario. È quindi un pesante errore quello di associare liberamente Vittorio Emanuele III al fascismo, perché certamente ha sostenuto il fascismo quale strumento per garantire l’ordine in un Paese dilaniato da conflitti sociali, ma è stato anche il primo strenuo oppositore e colui che ne causò la caduta.
Non a caso Mussolini nel 1944 accusò Re Vittorio Emanuele III per la caduta del fascismo, nonché per non essere stato fedele a regime. L’amicizia tra monarchia e fascismo come già ampiamente detto, è frutto della storia recente, e nel 1946, in occasione del referendum monarchia Repubblica, si optò per la Repubblica non tanto per il coinvolgimento della monarchia nel regime fascista, quanto piuttosto per la cattiva gestione dell’8 settembre. Ultimo nodo riguarda la questione leggi razziali, ma questa è una questione di diritto costituzionale e di non facile soluzione. Si può fare solo una domanda: chi si è opposto a quelle leggi?
Un gesto storico e umanitario, un gesto che va oltre le solite logiche economiche che attanagliano la quotidiana vita di tutti noi, un qualcosa che ha come scopo quello di dare i giusti onori. Vittorio Emanuele III è sempre e senza dubbio stato uno dei più controversi e più amati Sovrani della storia d’Italia. Fu il Re che fece nascere la democrazia in Italia, fu anche il re che cercò di usare il fascismo come strumento di ordine sociale, fu colui che trascorrendo tre anni al fronte assieme ai suoi soldati, unico sovrano europeo a farlo nella “Grande Mattanza”, ritornò dal fronte con l’aspetto di un settant’enne.
Ridurre la figura di Vittorio Emanuele III alle sole leggi razziali, come qualche solito maligno si è limitato a fare in queste ultime ore, è ridurre la storia di cinquant’anni di un Paese a una riga. Si è anche a lungo parlato della sua complicità con il fascismo, ma si dimentica che il Re fu il principale simbolo antifascista. Molti monarchici italiani, se non tutti, erano antifascisti e le prime foto che si possono osservare del 25 luglio ritraggono proprio gli autori dell’abbattimento delle varie statue raffiguranti Mussolini o di quei cortei in giro per Roma, così come nei vari paesini, che fecero sciogliere il fascismo come neve al Sole.
Le tradizionali compagini antifasciste si organizzarono solamente molti giorni più avanti, quando erano sicure della caduta del fascismo. Negli italiani di oggi non si distingue più tra le forze monarchiche fedeli al re e le forze fasciste repubblicane, due forze che per vent’anni hanno sempre dovuto coesistere, sebbene con accesissime rivalità.
Il re è stato per anni l’unico strumento in mano agli antifascisti. Gli antifascisti in Italia inneggiavano alla sua figura, perché non poteva essere proibita dal regime. La stessa caduta del fascismo fu voluta dalla monarchia, infatti a differenza nazionalsocialismo, la presenza del potere monarchico in Italia aveva creato un altro centro di potere tale da non garantire il totalitarismo nelle mani di Mussolini. Sebbene il Re commise successivamente l’errore di abbandonare il Paese al suo destino, ma a riguardo vi è come scusante la sua età avanzata e l’ambiguità di Badoglio, e vi fu incapacità di gestire il delicato momento.
I comportamenti di Vittorio Emanuele III portarono i neofascisti per quasi trent’anni a ritenere come loro strenui oppositori non i comunisti, bensì i monarchici. Infatti i missini solamente negli anni ’70 con la nascita del MSI-DN accettarono a malincuore i fedelissimi di Casa Savoia, ma all’interno di un programma politico che mirava alla nascita di un Polo identitario. È quindi un pesante errore quello di associare liberamente Vittorio Emanuele III al fascismo, perché certamente ha sostenuto il fascismo quale strumento per garantire l’ordine in un Paese dilaniato da conflitti sociali, ma è stato anche il primo strenuo oppositore e colui che ne causò la caduta.
Non a caso Mussolini nel 1944 accusò Re Vittorio Emanuele III per la caduta del fascismo, nonché per non essere stato fedele a regime. L’amicizia tra monarchia e fascismo come già ampiamente detto, è frutto della storia recente, e nel 1946, in occasione del referendum monarchia Repubblica, si optò per la Repubblica non tanto per il coinvolgimento della monarchia nel regime fascista, quanto piuttosto per la cattiva gestione dell’8 settembre. Ultimo nodo riguarda la questione leggi razziali, ma questa è una questione di diritto costituzionale e di non facile soluzione. Si può fare solo una domanda: chi si è opposto a quelle leggi?