“Anche mia mamma di 80 anni sa che ci serve un difensore centrale” diceva Spalletti al termine di Fiorentina-Inter. Quelle parole hanno creato confusione all’interno della tifoseria dell’Inter e riacceso appetiti di calciomercato non pienamente soddisfatti. In molti hanno detto Suning out, altri hanno inneggiato Moratti. Due esclamazioni che meriterebbero delle precisazioni.
La cautela responsabile di Suning
Da quando il gruppo Suning è diventato proprietaria dell’Inter nel 2016, la squadra ha ricevuto nuova liquidità di denaro. Gli investimenti, anche se non si vedono, ci sono stati anche se pesano quei 70 milioni di euro investiti per gli acquisti di Joao Mario e di Gabriel Barbosa. Certamente il primo a esser stato scottato da ciò è Zhang Jindong, il quale è personaggio ben diverso da Moratti essendo un self made man: dai condizionatori è arrivato a possedere una vera e propria multinazionale nel giro di 20 anni. L’atteggiamento di Suning, come del resto riportato da Ausilio e da Sabatini in molte occasioni, si basa sul seguente principio: “l’attuale squadra ha ottime probabilità di arrivare in Champions League, che ottenga la qualificazione e poi investirò altri soldi”. Si parla certamente del mondo del calcio, caratterizzato da folli spese, ma chiunque si mostrerebbe cauto nel compiere acquisti faraonici quando la propria squadra milita solo nel campionato nazionale e ha giocatori che potrebbero benissimo centrare il quarto posto in Serie A. Altro elemento che caratterizza il carattere prudente di Suning è la sua decisione di iniziare a stipulare solo prestiti con obbligo o diritto di riscatto, una strategia che si basa su istituti moderni di compravendita quali il “rent to buy” (non è proprio l’esempio più calzante, spero che eventuali colleghi mi perdonino a riguardo n.d.r.). Suning, inoltre, non ha alcun problema a intervenire dove vi è bisogno: a riguardo i suoi uomini sono intervenuti subito dopo l’uscita “infelice” di Spalletti trovandogli un difensore che non era del tutto necessario.
Moratti: gioia e dolore del mondo Inter
Fa sorridere pensare a tutti quei tifosi che rimpiangono Moratti perchè l’attuale situazione la ha voluta lui da quando nel 2010 vinse la Champions League, riuscendo così a eguagliare il padre.
I problemi furono prettamente finanziari e coinvolsero Moratti in prima persona dato che non erano state apportate strutture capaci di far rientrare nei costi. Per esempio in quegli stessi anni la Juventus aveva puntato alla creazione dello Stadium e altre squadre in Europa avevano ottimizzato al meglio le sponsorizzazioni e il loro merchandising. Nella stagione 2010-2011 il tetto ingaggi era arrivato a superare quota 140 milioni di euro, dopo i rinnovi contrattuali concessi ai protagonisti dello storico triplete.
Moratti, che pagò sempre di tasca sua, dovette affrontare dei problemi interni alla Saras, azienda di sua proprietà, e fece l’unica cosa che poteva fare: vendere la sua amata Inter con un gap organizzativo, causato nei fatti dalla sua gestione mecenatistica, che non la rendeva compatibile con altri club in Europa.
Thohir: croce e dilemma di Suning
L’attuale maggiore problema degli interisti e di Zio Zhang è proprio il suo presidente: Erik Thohir. Lo scorso 18 dicembre quest’ultimo, soddisfatto dai recenti risultati della squadra, ha chiesto a Zhang la bellezza di 200 milioni di euro per la vendita della quota di minoranza della società. I cinesi avrebbero voluto rilevare la sua quota per 40 milioni. Lui invece continua a chiederne quasi 200. Nel 2013 comprò la società per 250 milioni.