Avevamo considerato l’elezione di Trump a presidente degli Stati Uniti una vittoria contro l’establishment mondialista, rappresentato dalla sua rivale Ilary Clinton. Intellettuali, forze politiche e tutti quelli contrari alla politica di Obama e delle lobbies finanziarie avevano salutato la sua vittoria come quella del popolo americano amico che riprendeva in mano il proprio destino.
Dopo la Brexit era un’altra vittoria dello spirito del popolo contro la political correctness. Ed il fastidio con il quale la stampa allineata al Pensiero Unico mostrava insofferenza per la sua elezione erano la conferma che il mondo poteva cominciare a sperare in una svolta.
“America first!”, l’America prima di tutto, era lo slogan di Trump, col programma di dedicarsi agli interessi del suo paese, dismettendo l’inveterata abitudine di mettere il naso in casa d’altri, magari inguaiandosi in qualche guerra. I sospetti che erano aleggiati sui suoi rapporti con la Russia avevano anche fatto sperare in un nuovo corso che portasse ad una collaborazione con Putin e all’annullamento delle sanzioni.
Ma una volta alla Casa Bianca, qualcosa è cambiato. Ha liquidato una parte dei suoi collaboratori, il più famoso dei quali quello Steve Bannon, rappresentante della destra radicale e studioso di Julius Evola. La politica di confronto e tensione con la Russia è continuata come prima; le sanzioni sono rimaste; l’annuncio di trasferire l’ambasciata in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme ha fatto incazzare gli arabi; l’atteggiamento sulla Siria è rimasto quello di prima, incurante del fatto che la collaborazione russo-siriana è stata determinante nella sconfitta dell’Iisis. Adesso è arrivato l’attacco militare contro Damasco, sulla scia di Afghanistan, Iraq e Libia.
Allora, dato per assodato che il Trump che sta oggi alla Casa Bianca è lo stesso della campagna elettorale e non è una controfigura, che cosa gli è successo? Niente, niente che alla fine della fiera perfino il Presidente degli Stati Uniti, il capo del paese più forte del mondo, l’uomo formalmente più potente della terra deve soggiacere alle decisioni che qualcun altro prende altrove?