Non è nemmeno iniziata la 91esima Adunata degli Alpini a Trento che già gli anarchici hanno pensato bene di distruggere il clima di festa con la loro costante voglia di cercare scontri anche quando scontri non ce ne sono. Le frasi esposte oggi dalla facoltà di sociologia – occupata come nel ’68 – contro gli alpini sono semplicemente aberranti perché rispondono a un istinto animale di violenza e non a una vera e propria polemica legata ad uno dei corpi delle Forze dell’Ordine più amati del nostro Paese.
Va anche detto che la data del 2018 che ha condotto alla decisione di portare a Trento l’Adunata è colma di significati: il 2018 è infatti l’anno che segna il centenario dalla conclusione della Prima Guerra Mondiale, nella quale gli alpini si distinsero per portare nei confini italiani proprio le città di Trieste e Trento, le “terre irredente”. Un anno che non viene ovviamente visto di buon occhio dagli anarchici che, incapaci di guardare oltre alla fredda statistica del numero di morti provocati da quella guerra, non riescono a vedere quanti significativo sia stato quel passaggio per la costituzione dell’Italia – e dell’Europa – come la conosciamo oggi.
Il 2018 è anche l’anno nel quale ricorre il cinquantesimo anniversario da quel 1968 che sembra ancora mostrare qualche strascico di violenza. Come ad esempio l’episodio che vide scontrarsi i sessantottini, tra cui quegli studenti di sociologia a Trento come Mauro Rostagno, e gli alpini dopo le parole del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat nel ricordo dei cinquant’anni dal termine della Grande Guerra.
Una scia di tensioni che è proseguita negli anni fino ad arrivare all’exploit di oggi a Trento. La cosa (sarcasticamente) bella? Che nessuno pagherà per il clima di terrore che questi anarchici stanno creando. Già nel 2010, ad esempio, venne chiesta dal PM di Rovereto Fabrizio de Angelis l’archiviazione di un gruppo di anarchici che “salutò” la parata degli Alpini con cori contenenti insulti infamanti come quello di assassini, condendo il tutto con le solite devastazioni e i soliti petardi.
Episodi ripetuti poi l’anno successivo, nel 2011, quando l’Adunata degli Alpini nella città di Torino venne aperta da manifesti degli anarchici piuttosto chiari: “Dietro la grappa e il vino si nasconde un assassino“, “Afghanistan 2001-2011: morti, stupri, bombe, bambini uccisi, villaggi distrutti“, “I loro vecchi fanno festa, ma i ‘bravi’ ragazzi in divisa fanno la guerra… In Afghanistan, in Libia, nel Cie, nelle nostre periferie. No a tutti gli eserciti, no a tutte le guerre“. La solita retorica contro la violenza quando poi i primi a portarla in pacifiche manifestazioni sono proprio i collettivi anarchici.
L’invito da fare agli anarchici, dunque, non è tanto quello di smettere, visto che finché dei PM chiedono l’archiviazione per delle frasi ingiuriose non vale neanche la pena fargli capire che la calunnia è un reato. L’invito da fare è quello di rimboccarsi le maniche e fare loro ciò che fanno gli alpini: affrontare intemperie e situazioni di assoluto pericolo per salvare persone in difficoltà, come fatto dagli Alpini in occasione del terremoto del Centro Italia dello scorso anno; partire per terre sconosciute per missioni nemmeno volute dal nostro Paese, rischiando anche di lasciare la vita come accaduto a molti alpini rimasti uccisi in quell’Afghanistan che gli anarchici annoverano tra i delitti degli alpini.
Se gli anarchici, nella loro stessa vita, avessero fatto per la comunità umana anche solo un decimo di quanto hanno invece fatto gli alpini, probabilmente oggi dovremmo festeggiare un’adunata degli anarchici. Ma loro sono più dediti ad attività come guerriglia urbana e insulto gratuito, cose che non competono a personalità molto più nobili. Come gli alpini, ad esempio.