Quello con Pompei è un dialogo senza tempo, a distanza di duemila anni il sito archeologico riesce ancora a narrarci delle storie e regalarci emozioni uniche. Lì dove il tempo si è fermato per sempre al 79 dopo Cristo, lì dove l’attimo è stato cristallizzato, lì dove ogni cosa tace ma tutto parla, ci sono storie passate ma anche le nostre origini. A dimostrarlo è il Thermopolium riportato alla luce quasi intatto che non sembra essere molto diverso dagli odierni punti ristoro dello street food.
La scoperta è chiaramente frutto di un inarrestabile impegno, nemmeno il lockdown è riuscito a bloccare gli scavi che già da due anni andavano avanti poiché alcuni ritrovamenti facevano intuire la presenza di altri interessanti resti. Gli scavi sono stati interamente documentati nell’ottica di produrre il docufilm “Pompei: l’ultima scoperta”, trasmesso giorno 27 dicembre in prima serata su Rai Due. Inoltre, è possibile trovare su Youtube foto e video che testimoniano il lavoro svolto grazie al quale oggi possiamo ammirare questo ulteriore pezzo di storia.
Il Thermopolium può essere paragonato ad un “bar”, dove veniva venduto lo street food del tempo, che pare essere stato molto gradito dai nostri Antichi Romani. Il bancone a “elle” è decorato perlopiù con immagini legate al mondo animale, infatti si può ammirare una coppia di oche germane, uno gallo, un cane al guinzaglio sopra il quale purtroppo ritroviamo inciso un insulto omofobo. Sono state ritrovate persino alcune pentole in coccio con i resti di prelibatezze: il capretto, le lumache, una sorta di «paella» di pesce e carne o ancora il vino corretto con le fave.
La bottega dello street food della Regio V ci racconta di più: sono stati rinvenuti tre scheletri. Il primo, vicino al bancone, è quello di un cane di piccola taglia, il secondo è disteso sul letto nel retrobottega, mentre l’ultimo <<potrebbe essere invece un ladro o un fuggiasco affamato, entrato per racimolare qualcosa da mangiare e sorpreso dai vapori ardenti con in mano il coperchio della pentola che aveva appena aperto>> ipotizza il direttore del Parco Archeologico Massimo Osanna.
Pompei è la dimostrazione che la potenza della natura riesce ad annullare in un attimo tutto quello che l’uomo crea, proprio come scrive Giacomo Leopardi ne “La Ginestra”. E questa riflessione ci porta a fare un parallelismo con il nostro presente. È bastato un virus per cambiare le nostre vite: noi che affannosamente vivevamo frenetiche routine, abituati ad un mondo veloce ed iper-connesso dando spesso per scontato la nostra libertà, ci siamo ritrovati fossilizzati e impotenti. Ma la Ginestra ci insegna che può nascere qualcosa di bello anche tra le macerie e, se saremo saggi a sufficienza, da questa pandemia riusciremo ad uscirne come persone migliori.
Antonella Resina