Cosa sarebbe successo, se quei disagiati che ci governano avessero annunciato, a novembre, che, per quest’anno, non si sarebbe sciato? E perché non lo hanno fatto, trascinandoci tutti quanti in uno snervante tira e molla, che, alla fine, ha prodotto lo stesso risultato, con danni enormemente maggiori?
Io propendo per due spiegazioni, conoscendo, da una parte, quelli che hanno messo in cantiere questo bel disastrino e, dall’altra, immaginando i loro retropensieri, diciamo così, politici. La prima è che, essendo fondamentalmente ascrivibili a due specifiche categorie antropologiche, ovvero a quella di chi non ha mai dovuto lavorare per campare e a quella di chi le montagne le ha viste, forse, soltanto in cartolina, l’associazione mentale tra lavoro e montagna sia loro sfuggita.
In altre parole, per questi signori, lo sci è soltanto un passatempo da milanesi ricchi e la montagna è un posto dove ti sdrai sulle chaises longues a prendere il sole, indossando improbabili maglioni e occhiali a specchio. Oddio, non escludo che, fuori dal Graffer o lungo il Sella Ronda qualche milanese occhialuto e immaglionito si possa pure incontrare, ma tenderei a credere che si tratti di casi isolati e in decrescita. Che la montagna sia un posto dove si fatica anche più che altrove e in cui, per offrire ai turisti dei soggiorni sempre gradevoli e sempre aggiornati, ci si faccia un mazzo d’altri tempi, evidentemente, a questi divoratori di cozze nemmeno passa per l’anticamera del cervello: non fa parte dei loro schemi mentali, esattamente come a noi non verrebbe mai in mente di dedicare qualche edicola o santella delle nostre valli a Maradona.
Per questa ragione, le due caratteristiche sopracitate, in pittoresca sinergia tra loro, hanno originato una sfortunata serie di colossali corbellerie, tra le quali la superlativa combo annuncio-smentita, che ha caratterizzato la stagione invernale in corso. Perché, a uno come Speranza, proprio non entra in testa che, per far funzionare gli impianti, per rendere così accoglienti alberghi e rifugi, per ricevere i turisti in modo che si sentano a casa, ci vogliono bollette elettriche, generi alimentari, personale stagionale.
L’altro giorno, ho sentito una scema in televisione che delirava sugli approvvigionamenti di gasolio per far funzionare le funivie: ecco, questo è il grado di informazione di chi prende certe scelte. Pensare che sul Grostè ci si arrivi con una manovia a motore!
E, quanto all’altra spiegazione, ve lo dico io perché non hanno stabilito una bella chiusura subito, definitivamente, per tutto l’inverno: per paura. Perché avevano il timore che, dicendo agli Italiani la verità, si sarebbero incazzati come bufali e, magari, sarebbero venuti a buttarli giù dalle cadreghe di persona, anziché aspettare il Renzi di turno. Perché la triste verità è che siamo trattati da sudditi. Dirò di più: da sudditi deficienti, che vanno blanditi e ingannati, come quando a un bambino un po’ tardo si offre la medicina, dicendogli che è una caramella.
Una volta, però, perlomeno, i sovrani assoluti vantavano un diritto divino al regno: questi, invece, vengono dal niente e sono mille volte più arroganti di un re del XVIII secolo. Dunque, ricapitolando, incapaci, ignoranti e, infine, anche un po’ vigliacchetti: non potevamo chiedere di meglio.
Ecco la mia spiegazione per questa, altrimenti inspiegabile, sequenza di gigantesche cazzate. Forse, verrà un tempo in cui avremo un ministro della montagna, magari montagnino.
Ma non è questo il giorno…
Marco Cimmino